La necessità del popolo al potere
par Giorgio Bargna
martedì 5 aprile 2011
Oggi viviamo in un sistema democratico? Dipende dal significato che si vuol dare alla definizione democrazia. La stragrande maggioranza dei paesi occidentali oggi permette ai suoi cittadini di essere sottoposti a regimi di democrazie parlamentari e liberali, cioè, in sostanza sistemi basati sulla formula della rappresentanza.
Ciò che definiamo democrazia però non può accontentarsi di essere legittimato dalla semplice sovranità del popolo, necessita, per essere avvallato in toto, che il popolo sia direttamente al potere o quantomeno venga permesso al più grande numero dei suoi membri di partecipare agli affari pubblici.
Col passare degli anni si è imposto il principio, errato, che democrazia e rappresentanza siano, sostanzialmente, la stessa cosa.
Un principio oltretutto tradito dai nostri rappresentanti, tanto è vero che stiamo assistendo al tracollo strutturale evidenziato marcatamente dall'enorme astensionismo constatato nelle ultime elezioni.
Del resto Rousseau, non certo l’ultimo arrivato sul tema, affermava che se il potere è delegato dal popolo al sovrano, allora il potere appartiene al sovrano, non più al popolo.
Quale correttivo, Rousseau, suggerisce che il governante sia semplicemente un portavoce del popolo, il quale governa attraverso il sovrano, non smettendo mai così di esercitare il proprio potere.
A distanza di “qualche anno” possiamo ribattezzare questa formuletta magica "democrazia partecipativa"; è evidente che non si possa cancellare completamente la rappresentanza, ma tramite questa concezione consentiamo che ci sia una partecipazione il più possibile diretta, permanente, dell'insieme dei cittadini alla vita pubblica.
In una recente intervista Alain de Benoist proponeva questa riflessione: “Carl Schmitt, fedele su questo punto all'opinione di Jean-Jacques Rousseau, riteneva che una democrazia è in egual misura meno democratica di quanto attribuisce importanza alla rappresentanza. In una democrazia rappresentativa, il popolo si disfa infatti della sua sovranità a profitto dei rappresentanti. Una vera democrazia è necessariamente una democrazia, non (soltanto) rappresentativa, ma partecipativa. Più che delle democrazie, i regimi politici occidentali attuali mi sembrano essere oligarchie finanziarie, sostenute da procedure gestionali e di “espertocrazie”.
Oggi la democrazia rappresentativa ha trasformato le istituzioni in semplice amministrazione, in uno stato in sostanza “gerente”, assistenziale, amministrativo, refrattario alla vera politica.
Molti si chiedono se oggi, allo stato attuale delle cose, sia applicabile una democrazia diretta simile a quella che proposero gli anarchici vissuti alla fine dell’ottocento: una risposta definitiva certamente non si può dare, possiamo però affermare veemente che la democrazia diretta e/o partecipativa è, a patto di non pretendere da essa miracoli, applicabile e redditizia.
Va affermato comunque, con convinzione, che negli ultimi anni si va incrinando il concetto di stato-nazione, portandosi appresso la crisi delle grandi istituzioni sospese ed astratte che avevano trionfato nell'epoca della modernità. Oggi Comunità, reti sociali ed associative, il farsi fronte della necessità di un economia interdipendente fanno si il localismo si renda sempre più necessario, utile e pratico. Concludo utilizzando ancora una frase chiarificatrice di de Benoist: “È nelle piccole unità o Comunità locali che è più facile mettere in opera delle pratiche di democrazia diretta, cosa che permette allo stesso tempo di rimediare allo scollamento sociale ed alla scomparsa delle solidarietà organiche”.