La morte del Papa e quel complotto che non c’è neppure sulla carta

par Emanuele Midolo
venerdì 10 febbraio 2012

"Sicuro di sé, come se lo sapesse con precisione, il cardinale Romeo ha annunciato che il Santo Padre avrebbe solo altri dodici mesi da vivere. Durante i suoi colloqui in Cina ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI. [...] Le dichiarazioni del cardinale sono state esposte da persona probabilmente informata di un serio complotto delittuoso, con tale sicurezza e fermezza, che i suoi interlocutori in Cina hanno pensato con spavento, che sia programmato un attentato contro il Santo Padre"

Il Fatto Quotidiano pubblica un documento esclusivo "strettamente confidenziale" per il Santo Padre. Il dispaccio riporta la data del 30 dicembre 2011, è scritto in tedesco e paventa un possibile complotto per assassinare il Papa.

Fermi tutti. Facciamo un po' di chiarezza. Il documento, scovato da Marco Lillo, è autentico (come diceva Travaglio ieri sera durante Servizio pubblico, porta anche i timbri originali della Santa Sede), ma il contenuto è interamente frutto di ipotesi ("farneticazioni", le chiama il portavoce dello Stato Vaticano); ipotesi formulate da alcuni uomini d'affari italiani di stanza a Pechino dopo un colloquio avuto con il cardinal Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, durante il suo viaggio in Cina nel novembre 2011.

"Entro 12 mesi il Papa morirà" (e non "verrà ucciso", Ndr), avrebbe detto con estrema sicurezza il cardinal Romeo ai suoi interlocutori, al punto da persuaderli del fatto che il Papa fosse in serio pericolo di vita. 

La notizia ha quindi fatto il giro del mondo (non sappiamo, attraverso quali e quanti canali) ed è arrivata nelle mani di monsignor Darío Castrillón Hoyos, cardinale colombiano, classe 1929, che l'ha consegnata alla Segreteria di Stato Vaticana. Il famigerato rapporto nel quale si paventava il "complotto di morte" è stato quindi, non senza qualche risata (come riporta il vaticanista Andrea Tornielli su La Stampa di oggi), consegnato al Papa, come da protocollo.

Allarmismi a parte, per rendersi conto di come questa storia sia meno torbida di quanto appaia a prima vista basta leggere il profilo della "fonte" della notizia, fornito dallo stesso Fatto Quotidiano.

L'articolo di Giuseppe Lo Bianco rivela come il cardinal Romeo (74 anni il prossimo 20 febbraio) sia "mal sopportato" dalla Segreteria di Bertone, dalla CEI, e persino dallo stesso Ratzinger, che non gli avrebbe mai perdonato una proposta di consultazione tra i vescovi per eleggere il presidente della Conferenza Episcopale (consultazione poi annullata dallo stesso pontefice, che preferì nominare Angelo Bagnasco). 

Ed è a causa di queste antipatie, secondo quanto si mormora, che Romeo ha dovuto attendere 4 anni prima di esser nominato cardinale. Un profilo di religioso alquanto "scollegato" dalle gerarchie ecclesiastiche dunque, e non certo, come affermato bellamente da Romeo durante quel suo viaggio in Cina, il membro di una troika direttiva formata da lui e dal cardinale di Milano Angelo Scola:
 
"Lui – Romeo – formerebbe assieme al Santo Padre – Papa Benedetto XVI – e al cardinale Scola una troika. Per le questioni più importanti, dunque, il Santo Padre si consulterebbe con lui – Romeo – e con Scola"
 
Una spacconata detta in tutta tranquillità (e sicurezza) dal cardinal Romeo, che non sembra avere il benché minimo fondamento. Come non sembra averne il fatto che Benedetto XVI "odi letteralmente" il segretario Bertone. Non si spiegherebbe allora la scelta, da parte di Ratzinger, di respingere le dimissioni presentate da quest'ultimo nel 2010 (il Santo Padre scrisse in quella occasione di non voler rinunciare alla sua "preziosa collaborazione", nonostante Bertone avesse raggiunto il limite di età stabilito per la sua carica). 
 
E - men che meno - sembra avere credibilità la "profezia" sulla morte del Pontefice, "esposta da persona probabilmente informata di un serio complotto delittuoso", che non ne dà notizia allo stesso Ratzinger (nonostante un rapporto tanto confidenziale) ma preferisce discuterne con dei non precisati “uomini d’affari italiani ed interlocutori cinesi” in quel di Pechino. Lontano, con tutta probabilità, da qualcuno che avrebbe potuto smentire facilmente le sue parole.
 
 


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