La mordacchia di Travaglio alla Giustizia. Ma quella vera

par l’incarcerato
venerdì 3 maggio 2013

Travaglio ha scritto qualche giorno fa il suo solito e oramai prevedibile articolo sull'Espresso contro, la definisce lui, la "mordacchia alla Magistratura" ordito dal "consiglio dei saggi". Cerchiamo di capire meglio, allora.

Vorrei tanto ricordare a Travaglio che le fasi di giudizio sono tre e non sei. Lui scrive questo nell'articolo perché, con stoltezza e conscio dell'ignoranza di chi lo legge in maniera acritica, nel calderone inserisce pure le "indagini, deposito atti, l'udienza preliminare e tribunale".

Bella cultura dello "stato di diritto" che ha questo personaggio che mi disgusta sempre di più. Anche i più ingenui sanno che i gradi di giudizio sono tre.

Lui dice che "L'Introduzione di forme di ricorso individuale alla Corte costituzionale per violazione dei diritti fondamentali", ipotizzato dal "consiglio dei saggi", sia un "settimo grado". Travaglio come sempre fa finta di non sapere che già esiste questo ricorso. Il problema è che difficilmente una persona riesce ad essere risarcita dallo Stato per violazione dei diritti come l'ingiusta detenzione. E quasi sempre, a rimetterci, sono le persone che non possono permettersi un buon avvocato.

Ma si sa, Travaglio fa finta di voler calpestare i potenti, ma con i suoi articoli li alimenta. Un classico per chi è tendenzialmente reazionario: i fascisti si facevano scudo della difesa del proletariato, ma in realtà alimentavano la classe borghese.

Poi nel suo articolo pubblicato sul sito dell'Espresso parla della "limitazione delle intercettazioni" come un gravissimo provvedimento. Fa finta di non sapere che l'intercettazione non è la prova di un reato, bensì uno strumento per l'indagine e, a differenza di quello che scrive lui, alcuni magistrati le utilizzano per incastrare a tutti i costi una persona o un gruppo che si ostina a perseguire.

Ditelo ai tanti ragazzi anarchici che poi sono stati assolti, ma arrestati per interpretazioni personali del PM. Ditelo ai ragazzi del "Sud Ribelle", poi assolti anche loro. Oppure ditelo alla gente normale, non "potente" come vorrebbe far credere il "Don Manetta" Travaglio, che ne è rimasta travolta grazie alle intercettazioni utilizzate come prove. 

È vero, c'è il problema della libertà di stampa. O meglio, è evidente che bisogna assolutamente informare la gente delle varie inchieste giudiziarie. Ma qui si parla di intercettazioni, e molto spesso vengono pubblicati dialoghi che riguardano il puro gossip. Non dovrebbe essere mortificante per gli stessi magistrati tutto ciò? Il problema esiste e quindi un dibattito sull'abuso delle intercettazioni e il diritto sacrosanto all'informazione deve esserci nella maniera più serena possibile.



In realtà la legge esiste, ma non viene applicata. C'è solo un responsabile sulla pubblicazione di intercettazioni che riguardano la sfera privata e quindi senza nessun rilievo penale: il PM che non fa le scremature come la legge impone. 

Ad un certo punto, Travaglio, nell'articolo scrive che il "Rispetto effettivo dei tempi di ragionevole durata dei processi, oggi carente" secondo i saggi sarebbe da imputare alla lunghezza delle indagini preliminari. Altra bugia. I cosiddetti "saggi" invece lo imputano "all’ipertrofia del contenzioso" ed è decisamente un'altra cosa visto che si riferivano ai processi civili.

E tutto questo non ce lo chiedono i delinquenti e mafiosi come vuol far intendere il signor Travaglio, ma la Corte Europea dei Diritti.

Ma cosa vogliamo pretendere da Travaglio, colui che in un libro intervista elogiò il modus operandi della lotta al terrorismo degli anni '70 dicendo che non vennero prese misure emergenziali così drammatiche come si dice. E invece tutti sanno, specialmente chi l'ha subito, che qualsiasi diritto elementare veniva sospeso e si utilizzavano le torture. E introdussero il pentitismo in tal modo di far condannare le persone senza prove certe.

Gli unici, all'epoca, a denunciare tutto quello furono i gruppi extraparlamentari e i radicali.

E tramite un grande intellettuale: Leonardo Sciascia.

 


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