La misteriosa Comunità Cinese. Seconda parte

par l’incarcerato
giovedì 9 luglio 2009

Il giorno dopo la "rivolta" dei cinesi di Via Sarpi il giornale "Libero" aprì la prima pagina con un articolo di Vittorio Feltri, uno di quei giornalisti che crede di essere controcorrente.

Scriveva così: "Quando il nonno muore, viene subito macellato e lasciato qualche giorno a frollare, finchè la sua carne non si ammorbidisce un po’. A questo punto, i resti dell’anziano congiunto finiscono nel ristorante, cotti e serviti sotto mentite spoglie a malcapitati clienti attratti dai prezzi modici che pensano di mangiare maiale in agrodolce o riso con carne. In questo modo, i documenti del defunto passeranno a un giovane clandestino appena arrivato dalla Cina. Se conoscessimo la lingua, dalle case di Chinatown sentiremmo gridare: "Non ancora, dagli ancora mezza giornata!"

Il nostro bravo Feltri continua scrivendo: "Nel dubbio opterei per la cucina nostrana, che pure presenta molti rischi eccetto di dover prendere l’Alka-Seltzer allo scopo di digerire lo stinco pechinese ".

Allora il buon Feltri prosegue dando una semplice spiegazione: "Perchè esiste un fatto. Al cimitero, nello spazio dei non cristiani, ci sono salme di ogni nazionalità tranne che quella cinese. Qui in Italia non ci sono mai stati dei loro funerali!"

Vi giuro che è inconcepibile che un giornalista faccia una così squallida informazione, ma cosa esiste a fare l’albo dei giornalisti? Lo dovrebbero radiare come hanno fatto al suo amico e collega Farina!

Per risolvere questo "mistero" e per sfatare questa squallida leggenda basta solo informarsi e usare la logica, quella che ultimamente non viene mai utilizzata. Non bisogna mai prendere per buono tutto ciò che ci dicono, oramai questo deve essere una costante.

Care adorabili teste di capra, ci siete mai stati in un cimitero per verificare?
Esiste un fatto, i cinesi, nei cimiteri milanesi e romani, ci sono. E per assurdo non stanno sempre tra di loro come si ostinano a fare in vita, ma si mischiano tra i defunti italiani. Le loro tombe sono in mezzo alle nostre e sono uguali alle nostre. Certo non è un bel passatempo, ma provate ad andare al Cimitero Maggiore di Milano e andate al computer che è a disposizione dei visitatori, scrivete un nome comune dei cinesi tipo Chen e vedrete che i morti ci sono eccome!

A Roma, per averne la prova, non è neppure necessario addentrarsi in quei malinconici vialetti. Basta collegarsi al sito internet dell’Ama e digitare i soliti cognomi.


Curioso che Feltri e tanti politici non verifichino quello che dicono, parlano a vanvera e noi giustamente abbocchiamo. Curioso quando la gente dice: "Ma io non ho mai visto un funerale cinese!"

Ma per caso avete visto un funerale di albanesi, marocchini o rumeni? Io no! Ma non vuol dire che non li fanno.

Il tasso di mortalità dei cinesi risulta molto basso rispetto alle altre etnie (poi nemmeno vero perchè i filippini hanno un tasso di mortalità molto minore rispetto a tutti gli altri, non sarà che anche loro occultano i cadaveri?), e questo per due fattori:

Il primo, il più triste, è perchè le altre etnie fanno lavori più a rischio, sono vittime delle "morti bianche", mentre i cinesi fanno lavori meno rischiosi (anche se in condizioni raccapriccianti). L’impalcatura uccide più della cucina, la pressa è più pericolosa della macchina per cucire.

Il secondo motivo, e questa è la motivazione per cui raramente incontriamo cinesi anziani, è perchè la maggior parte di loro, raggiunta l’età pensionabile, tornano da dove sono venuti.

E’ nella loro cultura tradizionale che il desiderio di tornare nella propria terra natale è sacro.

"Le foglie che cadono, tornano alle radici".

Ma allora qualcuno di voi mi dirà, come si scambiano i passaporti e documenti? Tra vivi se li scambiano. I cinesi arrivano con il visto da turismo e poi quelli che risiedono in Italia gli passano i loro documenti. Questo perchè noi non siamo in grado di distinguerli, tutto qui.

Purtroppo dobbiamo contribuire ad abbattere i luoghi comuni e pregiudizi nei loro confronti, una buona convivenza è dovuta anche da una buona conoscenza.


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