La medicina difensiva: un danno per lo stato e per i pazienti

par Massimiliano Fanni Canelles
sabato 7 settembre 2013

La Sanità è un diritto, garantito dall’articolo 32 della Costituzione, ma sempre al centro di un acceso dibattito. Il paziente è titolare del diritto e dunque attento alla prestazione, e lo Stato deve poterla garantire senza conflitti d'interesse. La strumentalizzazione per interessi privati può avvenire in svariati motivi e comportano sempre un danno al paziente e alle casse dello Stato. Secondo stime del Ministero della Sanità, la medicina difensiva costa ogni anno una cifra compresa tra i 12 ed i 20 miliardi di euro.

Medicina difensiva? Una branca nuova ed innovativa? Al contrario. Si tratta di costi e rischi che i cittadini devono accollarsi a causa del numero impressionante di denunce verso i camici bianchi. È diventata ormai una routine, per i medici, prescrivere – per un eccesso di zelo – prestazioni, esami e farmaci non per far fronte ad un aggravarsi dello stato di salute, ma per mettersi al riparo da possibili cause giudiziarie. Questo costa allo Stato cifre esorbitanti.

Il danno non è solamente economico per l’erario: TAC e radiografie aumentano sensibilmente la dose di radiazioni ionizzanti assorbita dai pazienti. Aumenta, così, il rischio probabilistico di sviluppare alcune neoplasie. Il meccanismo descritto, dunque, può risultare, a lungo termine, gravoso anche per il cittadino e che comporta, in parte, anche l’aumento dei tempi d’attesa per visite ed interventi, uno dei temi caldi nel dibattito pubblico sulle disfunzioni della Sanità.
 
Secondo i dati forniti dall’Associazione che raggruppa le compagnie assicurative (Ania) in 10 anni si è avuto un aumento del 66% delle denunce. Nel 93,8% dei casi, le denunce coinvolgono medici in servizio presso ospedali pubblici. Di questi, maggiormente colpiti sono gli anestesisti (96,8%) ed i chirurghi (98,9%) soprattutto ortopedici e ginecologi. La ricaduta sui costi della Sanità è di circa 500 milioni di euro solo per le polizze di assicurazione professionale, un importo sufficiente a consentire – se risparmiato – un investimento mirato al pareggio dei conti del settore sanitario per almeno 5 anni.
 
Una soluzione al problema non è solo auspicabile, ma necessaria ed in tempi brevi. L’esplosione dei costi della medicina difensiva, oltre ad affossare il sistema sanitario nazionale, potrebbe configurare uno scenario nel quale sarebbe complicato rintracciare un medico disposto a curare un malato con un alto indice di insuccesso a causa del timore di una denuncia.
 
Maurizio Maggiorotti, chirurgo ortopedico e presidente di Amami (Associazione dei medici accusati ingiustamente di malpractice) porta l’esempio dell’Illinois “dove non si trova più un neurochirurgo. Ma – prosegue – le esclusioni potrebbero anche riguardare le protesi all’anca di un malato obeso, diabetico e iperteso”.
 
Questa proliferazione di denunce e critiche viene spesso legittimata in virtù di una logica consumistica alla “soddisfatti o rimborsati” che si presta alla spettacolarizzazione e ad essere divulgata attraverso i media. La cronaca, infatti, si limita al fatto sensazionale, all’errore sanitario, proponendo, così, una visione distorta della situazione generale.
 
Al contrario, raccontare la medicina difensiva e il suo costo risulta più complesso. È facile che si inserisca nella scia degli sprechi e delle spese non necessarie dello Stato senza che la sua specificità, e dunque la sua profonda insensatezza, vengano comprese.
 
È necessario bloccare un gioco al massacro che, per ora, avvantaggia sempre le assicurazioni e gli avvocati e solo qualche volta i pazienti realmente danneggiati.
 
@fannicanelles
 
Foto: Govba/Flickr

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