La manovra fiscale e la tassazione delle rendite finanziarie

par Alessia Berra
giovedì 30 giugno 2011

Perché in Italia le rendite sono tassate meno della metà del reddito da lavoro? Quali sono le ragioni di questa situazione unica in Europa? Che impatto può avere la manovra di Tremonti che punta ad incrementare la ritenuta dal 12,5% al 20%, esentando però i Titoli di Stato?

L'articolo 53 della Costituzione Italiana recita: "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività".

Ma allora perché Tremonti sta proponendo di alzare la tassazione sulle rendite finanziare esonerando i titoli di Stato, che ne costituiscono l'80%? E perché azioni e obbligazioni sono tassate al 12,5%, meno della metà dei conti correnti bancari e postali sui quali viene applicata una ritenuta del 27%?

In realtà il fenomeno della bassa tassazione delle rendite rispetto ai redditi da capitale è strettamente connessa al debito pubblico italiano, il terzo del mondo e il primo in Europa.


E' stato ampiamente scritto e dimostrato che nelle economie mature la stragrande maggioranza del debito serve a comprare il consenso degli elettori. E il debito si crea attraverso l'emissione di titoli pubblici da collocare mediante gli istituti di credito. Per fare ciò è necessario che i titoli siano economicamente appetibili, quindi abbiano un tasso di interesse alto e/o una tassazione conveniente. Se si aumenta la tassazione su tali titoli e non si vuole correre il rischio di un disinvestimento, è necessario alzare il tasso di interesse. In particolare in Italia, i titoli pubblici servono a pagare gli stipendi della Pubblica Amministrazione e a finanziare le più diverse misure a sostegno del consenso elettorale, quindi Tremonti non può permettersi di renderli meno appetibili rischiando il minimo disinvestimento.

Ma poiché la nostra economia non cresce a sufficienza, e le agenzie di rating ne danno giudizi ben poco lusinghieri, i tassi di interesse crescono comunque, per effetto dell'aumento del rischio che deve essere compensato con un maggior rendimento. Inoltre, una tassazione agevolata dei proventi derivanti da azioni e obbligazioni è una delle poche armi rimaste per attrarre capitali in un Paese a bassa crescita e afflitto da una burocrazia schiacciante. Tutto ciò spiega come mai Tremonti si trovi costretto ad alzare le tasse su qualunque reddito o introito tranne che sui titoli di stato, e mantenga comunque circoscritto l'incremento della tassazione su azioni e obbligazioni. 

Se ne deduce che una misura del genere ha l'effetto di un maquillage, un'azione più di forma che di sostanza. Una riforma fiscale seria, e degna di tal nome, non potrà mai prescindere dalle liberalizzazioni, dal taglio della spesa pubblica mirato, non orizzontale ed indiscriminato volto a ridurre come sempre alcune spese utili lasciando intatte tutte quelle inutili.

In soldoni, è necessario tagliare le voci di spesa che portano voti.


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