La manovra Monti e le italie svelate
par Daniel di Schuler
venerdì 16 dicembre 2011
L'eclissi di Silvio Berlusconi, per uno strano fenomeno astronomico, ha messo in piena luce la natura delle forze che lo avevano sostenuto.
Levati i suoi problemi personali, giudiziari e non, dal centro del dibattito, la necessità di approvare la manovra finanziaria proposta dal governo Monti, sta evidenziando di quali interessi, oltre quelli privatissimi del proprio padre-padrone, sia portatore il PdL e quale sia l'ideologia, per dir così, che informa il suo agire.
Se possono essere comprese le ragioni che vedono una forza di destra contraria ad una tassa patrimoniale, solo chi ha a cuore lo status quo, chi rifiuta pervicacemente qualunque ipotesi di cambiamento, può opporsi a delle misure che intendano liberalizzare l'ingessatissima vita economica del nostro paese.
Dovrebbe essere chiaro a tutti gli italiani, anche a quelli che in buona fede lo hanno votato, che Berlusconi, quando parlava di rivoluzione liberale, parlava a vanvera: non c'è proprio nulla di rivoluzionario nel partito da lui fondato e ancor meno di liberale. E', oltre che uno strumento per badare ai suoi affari, il partito della borghesia minima delle professioni e dei bottegai; di chi è riuscito ad occupare, magari per averlo ereditato, l'angolino più asciutto della caverna.
Di chi non ha alcun progetto per il futuro, ma vuole solo difendere i propri minimi privilegi, sicuro solo della propria intrinseca debolezza; della propria incapacità di competere onestamente in un ambiente economico che non fosse difeso proprio da quei lacci e laccioli che, a parole, dicono di odiare.
Una volta di più, alla prova dei fatti, il PdL rivela la propria consonanza con la parte più reazionaria del fascismo; di questa ha mutuato la base sociale (il libro da leggere è Fascismo e Antifascismo, di Norberto Bobbio), lungo una filiera che passa dal pentapartito, ed il conservatorismo di chi sa di aver molto da rischiare, e nulla da guadagnare, da qualunque mutamento.
Un partito parolaio che, giudicato fai fatti (inesistenti) e non dalla vuota retorica, meriterebbe d’esser chiamato il partito dei gattopardi; l’esatto contrario di quel partito liberale di cui tanto avremmo bisogno e di cui ancora, nel nostro panorama politico, non si vede traccia.
La Lega, poi, liberata dalla necessità di sostenere un governo che le andava davvero stretto, con l’uscita di scena di Berlusconi ha gettato ogni maschera. Anche oggi alla Camera, dopo averlo fatto ieri al Senato, i suoi esponenti hanno innalzato cartelli contro le nuove tasse introdotte dal governo Monti. Se qualcuno fosse stato lontano dall’Italia in questi anni potrebbe pensare che Bossi ed i suoi non abbiano nulla a che vedere con la situazione dei conti pubblici; che avessero passato tutto questo tempo all’opposizione, opponendosi con tutte le proprie forze ad ogni nuova spesa, guidati dalla stella Polare degli interessi dei ceti produttivi del settentrione.
Sono stati, invece, al governo per tutto o quasi l’ultimo decennio e alle scelte che hanno compiuto con i loro alleati dobbiamo circa 500 dei 1.900 miliardi del nostro debito pubblico. Con i loro schiamazzi indecorosi, stanno dando prova della stessa maturità di un bimbo che, dopo aver rotto il vetro, nasconda la fionda e punti il dito verso qualcun altro; sono proprio loro tra i principali responsabili del dolorosissimo giro di vite fiscale che Monti (o chiunque volesse provare a tenere in piedi la nostra baracca) è costretto ad applicare.
Basta tasse urlavano ieri i parlamentari leghisti; no all’Ici strillavano oggi. Durante questi anni, negli articoli pubblicati da Agoravox, ho puntigliosamente seguito l’aumentare del debito pubblico, facendo notare che il risparmio apparente, per le famiglie, dell’abolizione dell’Ici, si stava tramutando direttamente in un aumento della nostra spesa per interessi; che i soldi che prima servivano per pagare i servizi comunali continuavano ad essere spesi (e prima o poi sarebbero stati prelevati dalle tasche degli italiani) solo per servire il crescente debito.
Sono proprio i debiti generati dalla gestione “sudamericana” delle casse dello stato dei governi leghisti a rendere oggi necessarie le nuove tasse; sono, prima di ogni altra cosa, le tasse che dovremo pagare nei prossimi anni, “tasse padane”. La Lega, col suo comportamento di questi giorni, certifica una volta per tutte la sua natura di movimento populista rivolto alla peggior plebe del nord; a chi è talmente incapace di ragionare da non riuscire neppure a comprendere chi gli abbia levato i soldi di saccoccia. A chi preferisce cullarsi nelle rassicuranti menzogne (l’ultima di Bossi? E’colpa di Berlusconi che adesso sta con i comunisti) che ammettere d’aver sbagliato e assumersi le proprie responsabilità.
Un partito di discoli diventati adulti senza arte né parte (ad iniziare dall’intoccabile Capo, strappato dalla politica ad un ruolo di “differentemente intelligente” del villaggio per cui sembrava perfettamente tagliato) che con le loro scalmane puntano ad irretire, una volta di più, la parte più smemorata (ad essere buoni) dell’elettorato.
Dopo il partito dei gattopardi, dunque, a sostenere Berlusconi c’era il partito dei ... non mi permetto di usare la parola perché non aspiro a diventare Presidente del Consiglio. Un’Italia forse non riformabile e un’ talia che ha l’ultima occasione per capire che giochi si siano fatti e si stiano facendo sulla sua pelle.