La maledizione del superlativo

par Fabio Chiusi
domenica 10 ottobre 2010

A noi, immersi nel “clima d’odio”, nei “dossieraggi“, nel “metodo-Boffo. Nel mare in cui la giustizia intesse trame per “rovesciare la volontà popolare“, l’inchiostro diventa “fango” e i bit le armi dei “pericolosi sovversivi” del nuovo millennio. A noi, abitanti del pianeta “eversione”, dove le Istituzioni sono un ostacolo alla democrazia, dove un leader può essere definito “Nerone” e allo stesso tempo dichiararsi impotente. Dove si è talmente abituati a insulti, bestemmie di Stato e bassezze lessicali da emendarle con un “pranzo della pace” che quasi finisce a botte. Dove chi viene cacciato “ha deciso di andarsene”. Dove chi dissente odia e chi odia è necessariamente violento. A noi che confondiamo impunità e garantismo, procure e quotidiani, maggioranza e opposizione, fischi e pallottole.

 

A tutti noi, italiani del 2010, farebbe bene ricordare che un popolo che disgiunge il linguaggio dal suo significato è un popolo a rischio. Perché a furia di convivere con parole che non significano più nulla si finisce per abitarlo, il nulla. Come ammonisce il filologo Viktor Klemperer, una lingua vuota «Non la si parla impunemente, si finisce per assimilarla, per vivere secondo il suo modello». E non solo quando, come Klemperer, si prova sulla pelle la cieca assolutezza di un regime totalitario: «La distorsione dei significati», riassume Enzo Golino, «sfruttando dolorosamente la naturale disponibilità delle parole, avviene anche in maniera spontanea quando si interiorizzano gli schemi di un pensiero malsano che si ispira alla violenza e la ispira». Cioè anche quando, ad esempio, si parla di un presidente del Consiglio democraticamente eletto come di uno «stupratore della democrazia» e, allo stesso tempo, quando un presidente della Repubblica, agitando la Costituzione, viene accusato di tradirla. Mentre nel mezzo volano quotidianamente gli stracci.

A noi tutti, dunque, giova riascoltare il monito di Klemperer, con cui Golino chiude la nuova edizione del suo magnifico saggio “Parola di Duce“:

Certo, la millanteria e la menzogna finiscono [...] per essere riconosciute come tali. [...] Ma una cosa è altrettanto certa: la propaganda riconosciuta come millanteria e menzogna ha tuttavia effetto se si ha la faccia tosta di continuare a sostenerla imperturbati; quindi la maledizione del superlativo non è sempre autodistruzione, bensì abbastanza spesso distruzione dell’intelletto che le si oppone“.

E dalle nostre parti se qualcosa manca non sono certo menzogne e facce toste che le sostengano imperturbate.


Leggi l'articolo completo e i commenti