La maledetta questione svizzera

par Fabio Della Pergola
martedì 13 dicembre 2011

Ci sono aspetti scandalosi in questa manovra “salvaitalia” e sono ormai così dibattuti che non vale la pena di aggiungere altro. Basta farne l’elenco: l’Ici sugli immobili di proprietà della Chiesa ad uso “non esclusivamente religioso” (metterò una madonna in salotto pure io), la patrimoniale mancata, i superbombardieri comprati, le frequenze regalate eccetera.

Sono scandalizzato anch’io, sia chiaro, ma se c’è una cosa che mi fa veramente infuriare è la “questione svizzera”. Non tanto per gli svizzeri di cui Orson Welles disse cose famose quanto scottanti (non ve lo ricordate? “In Italia per 300 anni sotto i Borgia ci sono stati guerra, terrore, criminalità, spargimenti di sangue. Ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo, il Rinascimento. In Svizzera vivevano in amore fraterno, avevano 500 anni di pace e di Democrazia. E cosa hanno prodotto? L'orologio a cucu'” da “Il terzo uomo”).

E ce ne sono anche tante altre, ancora più sagaci, ma quello che fa infuriare è tutto made in Italy. E’ farina del sacco governativo. Il neo ministro Giarda – leggendo un comunicato del Tesoro (chissà perché ci ha tenuto a specificarlo) – ha risposto picche a chi gli chiedeva se il nostro paese avesse siglato un accordo con la Confederazione Elvetica per la tassazione dei depositi bancari dei nostri concittadini.

L’hanno già fatto la Germania e l’Inghilterra e la tassazione, imposta dal governo svizzero e poi girata ai rispettivi governi nazionali dei depositanti, varia tra il 30 e il 33 %. L’Italia non lo farà – dice Giarda – perché questa è un’operazione in contrasto con le normative europee.

Ma come? mi chiedo, se due grandi paesi europei lo fanno, se la cosa è così profondamente corretta dal punto di vista etico, perché colpisce patrimoni che si nascondono al fisco nazionale, se la Svizzera stessa - in cambio di un atteggiamento “morbido” sul segreto bancario – ci sta sorprendentemente a fare da agente della riscossione; se finalmente si riesce, in un’atmosfera da cupio dissolvi nazionale a raccattare legittimamente un po’ di quattrini freschi, come è possibile che il nostro stesso Ministero del Tesoro (affettuosamente detto Vlad) si ritragga, facendo smorfiette da pudica pulzella dicendo "no grazie" alle proposte transalpine?

Trasecolo, prima di infuriarmi. Le normative europee ci impediscono di tartassare, se ci riusciamo, quei capitali che, potete scommetterci, sono andati di là per sfuggire al fisco di qua? Infatti, non è così. L’Europa non impedisce proprio niente; dice solo che il comportamento europeo deve essere univoco e coordinato (che tenerezza, c’è ancora qualcuno a Bruxelles che ci prova a costruire l’Europa politica), che la percentuale di tassazione concordata deve essere la stessa per tutti per evitare incontrollati spostamenti di capitali (e anche questa sembra affermazione assennata) e stabilita al 35% e che chi si comporta diversamente andrà incontro alle solite bacchettate (leggi multe).

Di fronte alla severa presa di posizione del funzionario in questione, il governo italiano di fresca nomina si ferma. Il rispetto delle regole anzitutto, sembrerebbe. Abbiamo avuto un governicchio di cartapesta finora, al parlamento europeo ci sono andati saltimbanchi e formose fanciulle in tacco 12, ma adesso basta. Lodevole. Però il nuovo governo si blocca, si paralizza, proprio, non muove un muscolo; nemmeno un dito. Mi pare esagerato.

Ci sono un numero imprecisato di milioni di euro, forse addirittura un miliardo o due, che la Svizzera ci offre su un piatto d’argento - e che tedeschi e inglesi, strafottendosene dei diktat europei, si sono precipitati a rastrellare – e che noi, per non infrangere le regole (sic) non tocchiamo. Magari bastoniamo le vecchiette al minimo della pensione, magari facciamo lavorare la gente per quarant’anni, magari facciamo costare la benzina quanto l'oro, ma le regole europee, quelle no, quelle non si toccano. Sennò poi ci fanno la multa.

Giarda, parliamoci chiaro. Quello che dite è proprio una grandissima sciocchezza.

 

 

 


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