La mafia che si riorganizza

par Pietro Orsatti
lunedì 15 settembre 2008

da Partinico

Si parla di mafia silente, di colletti bianchi, di armi scomparse, di ritirata strategica. Questo è quello che si dice lontani dalla Sicilia. Ma è davvero così? Finite le abituali ferie dei coniugi Raccuglia nel loro paese natale (abitudine consolidata, ormai è evidente, che la moglie del latitante raggiunga il congiunto durante l’estate), forse possiamo fare un po’ il quadro di quello che sta succedendo nella Sicilia occidentale. In maniera silente, ma non tanto, Cosa nostra si sta riorganizzando.

Si parla di mafia silente, di colletti bianchi, di armi scomparse, di ritirata strategica. Questo è quello che si dice lontani dalla Sicilia. Ma è davvero così? Finite le abituali ferie dei coniugi Raccuglia nel loro paese natale (abitudine consolidata, ormai è evidente, che la moglie del latitante raggiunga il congiunto durante l’estate), forse possiamo fare un po’ il quadro di quello che sta succedendo nella Sicilia occidentale. In maniera silente, ma non tanto, Cosa nostra si sta riorganizzando.

Quello che facciamo oggi è una sorta di racconto di fantasia, uno scenario fantascientifico. Anche se i protagonisti non lo sono per nulla.

Dopo l’arresto dei Lo Piccolo si pensava che rimanessero solo i rampolli a gestire gli affari nell’area tradizionale dei corleonesi. Ma non è così. La zona, ormai è evidente, è sotto il ferreo controllo della superstar Matteo Messina Denaro, nell’area del trapanese, e di Domenico Raccuglia, per quanto riguarda l’area del palermitano. Di Denaro si sa tutto, meno dove latiti, di Raccuglia si sa davvero poco. Li accomuna una latitanza e poco altro. Lo stile è differente, l’impatto mediatico pure. Ma entrambi pesano. E allora andiamo a vedere chi è il probabile dominatore dell’area Borgetto Partinico.


Domenico Raccuglia è ricercato dal 1996 per omicidi, associazione di tipo mafioso, rapina, estorsione ed altro; deve espiare la pena dell’ergastolo; dal 13 settembre 1999 sono state addirittura diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali. Ma l’uomo non si sarebbe mai mosso (se non per brevi periodi) dal suo territorio. Domenico è uomo di tradizione, e la tradizione vuole che si latiti sul proprio territorio. E non solo. Perché il suo ruolo all’interno di Cosa nostra è chiaro: garantire continuità fra la vecchia mafia corleonese e quella dei rampolli. Un potere forse consolidato e destinato a durare nel tempo, oppure una sorta di commissariamento in attesa della scarcerazione, per fine pena, di esponenti di rango dei clan.

Allo stesso tempo i giovani di cosa nostra, figli e nipoti di boss in carcere, si sarebbero adeguati agli ordini, riassestandosi alle direttive chiare dei due boss e dividendosi amichevolmente, ma non tanto, il business: racket, traffico di stupefacenti, appalti. Tanto per non fare i nomi, anche i giovani Vitale Fardazza si sarebbero dovuti adeguare, ricevendo forse in cambio qualche favore all’interno del nuovo organigramma.

A sostegno di questa nostra opera di “ricostruzione fantasiosa” c’è la storia e la cronaca degli ultimi due anni. Perché su questo territorio (Cinisi, Borgetto, Partinico, Corelone), è evidente che si sia svolta (e forse non è ancora terminata) una piccola e sanguinosa guerra di mafia, con 7 morti e almeno una lupara bianca e decine di attentati e intimidazioni a chi si è ritrovato, in un modo o nell’altro, a intralciare la riorganizzazione dei clan.


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