La lunga agonia del Governo Monti

par Alex di Monterosso
mercoledì 21 novembre 2012

Finalmente il braccio di ferro sul “sì o no” all' “election day” si è concluso senza né vincitori né vinti, checché ne dica Angelino Alfano.

La decisione, per la verità un po’ pilatesca, di aprire le urne elettorali nelle giornate del 10 ed 11 marzo 2013, concordata dal Capo dello Stato con Schifani, Fini e Monti, ha dato il via, di fatto, ad una lunga campagna elettorale che durerà oltre quattro mesi.

Da qui a marzo che cosa potrà accadere del nostro Paese, in balia di una crisi economica che non accenna ad allentare la sua morsa?

Infatti, se fino ad oggi Mario Monti ha dovuto sudare le classiche 7 camice, per far sì che la sua maggioranza patchwork non si sfaldasse prima di ogni decisione, figuriamoci come sia possibile adottare nuovi provvedimenti con l’accordo di partiti oramai impegnati nella campagna elettorale.

C’è da attendersi, perciò, una paralisi del Governo, deleteria per la già malconcia economia italiana.

D’altra parte, era sotto gli occhi di tutti che, già da alcuni mesi l’armonia, tra Monti, Alfano e Bersani, fosse andata progressivamente indebolendosi.

Ne sono una prova sia le norme anticorruzione, edulcorate nei loro contenuti, sia la legge di stabilità, praticamente scritta ex-novo dalle commissioni parlamentari.

Così, mentre Monti si appresta a vivere, tra mille ostacoli, gli ultimi mesi del suo mandato di governo, i partiti dovranno rimboccarsi le maniche se vogliono trovare almeno un possibile accordo sulla legge elettorale.

I nodi da sciogliere sono sempre gli stessi, ossia: voto di preferenza e premio di maggioranza.

Per quanto riguarda il voto di preferenza, Bersani continua a ribadire la sua contrarietà, ignorando che il 71% degli elettori chiede di poter ritornare ad eleggere i propri rappresentanti.

La cocciutaggine con cui Bersani pretende, invece, di mantenere in vita le “liste bloccate”, è la prova di come il PD si preoccupi solo di assicurare la permanenza in Parlamento dei suoi vecchi ruderi, disattendendo le istanze di rinnovamento che giungono a gran voce dall’elettorato.

Ancora più complesso risulterà un eventuale accordo sul premio di maggioranza, perché, di fatto, con questa decisione i partiti si giocano il numero dei loro futuri seggi parlamentari.

Senza concordare una soglia minima, superata la quale sia logico ottenere il premio di maggioranza, sarà impossibile trovare un accordo.

D’altra parte sarebbe inaccettabile che un qualsiasi partito o coalizione, che risultasse vincente, ad esempio, solo con il 28/30% dei voti validi, pretendesse di occupare il 55% dei seggi parlamentari.

Siamo, sempre, alle solite!

Ancora una volta, l’Italia deve subire la mediocrità di una politica, incapace di pensare agli interessi generali del Paese, ma solo preoccupata, con meschinità, di ottenere, nel breve termine, i massimi benefici per le loro fallimentari botteghe.


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