David F. Wallace compirebbe 50 anni. Resta attuale la sua lezione ai giovani

par Alvin Vent
martedì 21 febbraio 2012

Negli Stati Uniti, come in qualche altro paese come l'Austria per quanto riguarda l'Europa, è possibile studiare parallelamente materie anche molto diverse fra loro e conseguire specializzazioni apparentemente distanti dal percorso originario di studi.

Studiare, ad esempio, fisica ed architettura, biologia ed antropologia o giurisprudenza e storia permette di avere una visione d'insieme su determinati rami del sapere, sviluppare una coscienza critica "sulle" materie, troppo spesso e troppo semplicisticamente ridotte a mero elenco bibliografico, ad un programma accademico ben lontano ad una certa idea di "cultura".

Per contro non credo che studiare materie diverse tra loro "aumenti" un certo tasso di suddetta cultura, la diversificazione dei saperi non agisce, quindi, su scala quantitativa, ma modifica, a chi più e chi meno, la nostra visione di un determinato problema, affila lo sguardo critico: crea discussione mettendo in dubbio la nostra "modalità predefinita".

La strada dell'istruzione, però, si muove in direzione opposta: l'idea vigente nella nostra società e riassumibile nell'equazione "maggiore specializzazione=maggiore possibilità di lavoro".

Questa mia personalissima considerazione nasce dalla lettura dell'onesto ed acuto discorso che David Foster Wallace tenne il 21 maggio del 2005 al Kenyon College (Questa è l'acqua, Einaudi stile libero, Torino 2009); si trattava della cerimonia della consegna dei diplomi e l'auditorio era formato da studenti di formazione prevalentemente umanistica.

DFW si era laureato negli anni ottanta in letteratura inglese e filosofia, specializzandosi in matematica e logica modale. Oggi avrebbe compiuto 50 anni.

Nell'esordio del discorso in questione lo scrittore americano racconta la seguente storia dei pesci e dell'acqua ("Negli Stati Uniti un discorso per il conferimento delle lauree non può prescindere dall'impiego di storielle d'impianto parabolico a scopo didascalico", nota DFW con la consueta ironia, decisamente fuori dal comune):

Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice: “Buongiorno ragazzi. com’è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede: “Ma cosa diavolo è l’acqua?"

La visione dei giovani pesci è "modalità predefinita", la nostra "configurazione di base". Tali disposizioni, spiega Wallace, costituisce il solipsismo e l'alienazione della nostra quotidianità, qui, allora, inizia lo sforzo e la disciplina che dobbiamo imporci per negare la modalità predefinità che comporta la venerazione di falsi idoli:

Il cosidetto "mondo reale" non vi dissuaderà dall'operare in modalità predefinità, perché il cosidetto "mondo reale" degli uomini, del denaro e del potere vi accompagna con quel suo piacevole ronzio alimentato dalla paura, dal disprezzo, dalla frustrazione, dalla brama e dalla venerazione dell'io.

Accettare aspetti del quotidiano come contingenti vuol dire trascurare "tutte le eventualità che non siano inutili o fastidiose" vuol dire, in sostanza, non operare scelte, laddove la ricerca della Verità risiede propria nella pratica della scelta, ecco allora la "vera cultura" ed ecco la "libertà" che essa comporta: "riuscire a decidere consapevolmente che cosa importa e che cosa no. Riuscire a decidere che cosa venerare..." tenendo sempre presente che "non venerare è impossibile. Tutti venerano qualcosa. L'unica scelta che abbiamo è che cosa venerare. E un motivo importantissimo per scegliere di venerare un certo dio o una cosa di tipo spirituale... è che qualunque altra cosa veneriate vi mangerà vivi" (denaro, fama, bellezza, carica erotica, intelletto, potere e così via).

Questa è la lezione di Wallace: scegliere, ponendola in primo piano, la verità nella consapevolezza quotidiana:

La consapevolezza pura e semplice: la consapevolezza di ciò che è così reale e essenziale, così nascosto in bella vista sotto gli occhi di tutti da costringerci a ricordare a noi stessi "questa è l'acqua"(...) Farlo (...) è una difficoltà inimmaginabile. E questo dimostra la verità di un altro cliché: la vostra cultura è realmente il lavoro di una vita, e comincia... adesso. Augurarvi buona fortuna sarebbe troppo poco.

Oggi, 21 febbraio, David Foster Wallace avrebbe compiuto 50 anni e chissà quanto ancora aveva da dirci e con quanta ironia avrebbe sviscerato le nostre paure, visti i tempi. Ci avrebbe forse ammonito, con il suo linguaggio nervoso e al tempo stesso carico di energia, dissuadendoci ancora una volta dalle illusioni che, ostinatamente, confondiamo con la Verità che così bene ha cercato di presentare a quei, fortunati, diplomati del Kenyon College.

Qui la scheda di David F. Wallace di uno dei suoi editori italiani


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