La lettera di Berlusconi al Corriere della Sera

par antonio cianci 251039
lunedì 31 gennaio 2011

Oggi, sul Corriere della Sera, è apparsa una lettera di Berlusconi, indirizzata al direttore, in cui il presidente del Consiglio tenta di spiegare le ragioni della sua avversione ad un’eventuale patrimoniale, proposta dall’on. Amato e dal prof. Capaldo, per ridurre il macigno del debito pubblico, che rischia di schiacciare il Paese.

E naturalmente rispolvera, come proposta per risolvere il problema, il suo programma culturale ed economico presentato alla sua discesa in campo nel 1994, scritto dai professori liberali, che contribuirono a fondare Forza Italia e ormai sono stati tutti messi da parte e sostituiti da belle fanciulle di diverso spessore culturale e morale.

Nella lettera suddetta, con la sua consueta improntitudine, Berlusconi propone la via di una crescita economica del 4-5% annuo, oltre le liberalizzazioni e le riforme, sempre promesse ad ogni passaggio cruciale della sua avventura politica, ma mai realizzate.

Realisticamente però, i moderati e liberali veri, molti dei quali ormai delusi da tutti disertano regolarmente le urne, ricordano bene la storia del Cavalier Berlusconi e dei governi di questi ultimi vent’anni ed anche dei precedenti.

Il Cavaliere, come quasi tutti i grandi imprenditori italiani, o che lo sono diventati nel tempo, è diventato tale grazie agli aiuti politici e di Stato, a provvedimenti ad hoc per salvare le sue imprese, a leggi ad personam fatte da lui stesso, quando sono scomparsi gli amici protettori.

Ed i suoi propositi liberali son rimasti sempre nel cassetto.

Le tasse sono sempre regolarmente aumentate, insieme al debito, alla disoccupazione, ai prezzi ed a tutto il resto.

E che dire dei propositi di riforma costituzionale, col dimezzamento del numero di tutti i professionisti della politica? E dei privilegi e le rendite delle varie corporazioni, che con l’accordo dei governi si sono estese e non sono state combattute e ridimensionate? E del Federalismo, che il suo governo si appresta a varare (speriamo non passi) e che si risolverebbe in un pesante aggravio per le tasche dei cittadini, poiché concederebbe ai Comuni una capacità impositiva dura, senza che lo Stato centrale rinunci ad alcunché?

Tutti i governi alternatisi in questi ultimi due decenni si sono arresi alle proteste dei tassisti, figurarsi se possono farci credere che riusciranno a varare riforme, molto più difficili ed impopolari, e sollecitare una crescita economica annua superiore a quella della Germania e di tutti gli altri Paesi occidentali.

Cavaliere, ma mi faccia il piacere!

Purtroppo il virus della politica economica italiana da cinquant’anni si chiama statalismo dirigista, per cui noi poveri cittadini siamo destinati ancora a convivere con il clientelismo assistenziale, con la corruzione e con ogni forma di privilegio.

E se questi sono i presupposti della nostra politica, e lo sono sempre stati, altro che meritocrazia!

Alla fine finiremo per pagare anche la patrimoniale.


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