La legge è uguale per tutti, ma non per i pianisti
par Riciard
mercoledì 4 marzo 2009
Cerchiamo di capire un pochino a fondo. La richiesta di impronte digitali, avanzata dalla Lega, proveniva da un’idea di regolarizzazione delle persone, entrando nel merito della sicurezza: individuare senza dubbio una persona fa sì che questa sia più vulnerabile, rintracciabile. Detto in altri termini: ho le tue impronte digitali, violi la legge, ti riconosco, ti punisco. Fin qui, solamente l’astio per un provvedimento che giudico insulso, un vero abuso contro la libertà, l’intimità di una persona. Ma ci dicono che è cosa normale da altre parti, come gli Usa, e che magari è il caso di sottoporci tutti a una seduta di prelievo impronte.
Poi, magicamente, entra in gioco un’altra legge, quella dei due pesi e due misure, quella del: fino a che lo fanno a te va bene, ma me, nessuno mi deve toccare. Succede che qualcuno proponga di far rilasciare ai parlamentari le impronte digitali, al fine di porre fine e rimedio all’annosa e squallida questione dei pianisti. Il fine dovrebbe giustificare i mezzi, ne va di mezzo la corretta applicazione della legge e la nostra sicurezza, come sopra. Ma dalla stessa Lega si alzano cori contrari, che parlano di oltraggio: "Nei giorni scorsi ad esprimersi apertamente contro è stato il parlamentare del Carroccio Matteo Brigandì: «A lasciare le mie impronte non ci penso proprio - sostiene il parlamentare - le ho già date quando ho fatto il militare»".
Replica Guzzanti: "Sono assolutamente contrario a questo oltraggio alla dignità del Parlamento, che si muove nel solco della distruzione dell’onore delle istituzioni repubblicane". Mi chiedo, così, come alcuni di voi, forse, a quando i parlamentari che indossano in aula le magliette con lo slogan ormai celebre "Offri un dito a Maroni"? Tuttavia una lezione è da imparare, anche se l’avevamo capita benissimo già da tempo: