La giustizia smarrita

par Bernardo Aiello
lunedì 24 gennaio 2011

Abbiamo potuto sentire tutti quanti alla televisione le parole del cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, sulla cosiddetta “vicenda Ruby”. Egli ha esortato chi ha pubbliche responsabilità a perseguire:

a) moralità;

b) giustizia;

c)  legalità.

Eppure, fateci caso, nei resoconti giornalistici (televideo compreso) il termine “giustizia” si è volatilizzato e sono rimasti solamente “moralità” e “legalità”. Non è cosa di poco conto.

E’ come se nell’immaginario collettivo la giustizia sia diventata una sorta di tabù, di cui è sconveniente parlare; al limite meglio parlare di legalità. Le due cose non sono affatto coincidenti. Il rispetto delle leggi vigenti, ossia la legalità, può concorrere alla realizzazione di una società più o meno conforme a giustizia, ma nulla di più. Ben più difficile è definire cosa sia e come debba essere perseguita la giustizia, quella stessa che forse, nelle intenzioni del cardinale Bertone, doveva avere maggior rilievo rispetto alle altre due, atteso il target cui la sua esortazione era rivolta.

Per cercare di meglio comprendere quanto sopra rilevato è utile riferisi a John Rawls, principale filosofo della politica contemporaneo. Egli ha individuato alcuni principi fondamentali di giustizia, veri e propri a priori rispetto alle istituzioni ed alla legislazione. Uno di essi recita così :«Le disuguaglianze economiche e sociali sono ammissibili a patto di dare il massimo beneficio previsto ai meno avvantaggiati». Assumendo per buono questo principio, che sicuramente troverebbe ottima accoglienza in quello che Adam Smith indicava a fondamento dei giudizi sulla giustizia come «spettatore imparziale», vediamo se esso trova applicazione a casa nostra.

Prendiamo ad esempio una delle categorie sociali più svantaggiate, quella dei disabili, nell’affrontare il problema dell’accesso al mondo del lavoro e cerchiamo di valutare come la classe politica (quella a cui si è rivolto il cardinale Bertone) ha agito per evitare che la crisi finanziaria e economica globale venisse a gravare su di essa da questo rispetto.

Sul dato di fatto empirico rilevabile attualmente il vostro cronista crede di essere sufficientemente informato, atteso che il suo amico di sempre Gino ha proprio un figlio disabile: istituzioni, legislazione e comportamenti sono tali da emarginare e discriminare i disabili impedendo loro l’accesso al mondo del lavoro. Per contro una infinita moltitudine di falsi invalidi, creati da una istituzione come quella delle Commissioni Mediche delle ASL a dir poco sconfortante, affolla le liste del collocamento per i disabili.

Questo in tempi normali. Orbene, cosa ha fatto il governo nel frangente dell’attuale crisi occupazionale? Si è preoccupato solamente degli eccessivi esborsi per le pensioni sociali e per i permessi accordati ai familiari dei disabili, infischiandosene del tutto dell’emarginazione e della discriminazione di quanti disabili lo sono realmente e, di avere un lavoro conforme alle loro capacità, nemmeno se ne parla.

Forse l’esortazione alla giustizia del cardinale Bertone alla classe politica aveva proprio questo senso, quello di un invito ad “iniziative di giustizia” in favore delle categorie più svantaggiate; insieme ad altro ancora (i principi di Bawls non sono uno solo).

Purtroppo quella del cardinale Bertone è forse destinata a rimanere una vox deserto clamans: secondo recenti dichiarazioni del premier sul caso Ruby il dato empirico posto a fondamento dell’ipotizzata riforma governativa del sistema giudiziario dovrebbe essere ben altro, ossia quello dell’ipotizzato uso politico della giustizia da parte di alcuni P.M. (con buona pace del cardinal Bertone, di Rawls e dei disabili).

Siamo proprio davanti ad un caso di “giustizia smarrita” e non ricercata da chi di dovere.


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