La fuffa del Giornale contro Saviano. Da un racconto di sette anni fa a inesistenti legami con l’attualità

par Francesco Raiola
giovedì 18 novembre 2010

Cosa c’entra l'arresto di Iovine, col problema 'ndrangheta-Lega (nella sostanza intendo)? Che c'entra Pisani di cui non mi risulta Saviano abbia detto alcunché e che c'entrano le parentele in terra di mafia e Cosentino (accusato, certamente, non per le sue parentele)?

Sono una serie di domande che vengono dopo aver letto Il Giornale di oggi. Una serie di accuse dirette a Roberto Saviano che ha avuto la colpa massima di criticare il capo e accusare il suo più fedele alleato di aver allentato l’attenzione nei confronti di un grosso problema che investe (ormai da anni) anche il nord. Che il Giornale non sia (quasi) mai stato un fan di Saviano lo si sa da tempo, ma l’ultima puntata di "Vieni via con me" non è andata proprio giù a Sallusti e soci che hanno deciso di andarci giù duro.
 
E cosa fanno per rispondere alle accuse di Saviano, quello a cui siamo abituati da tempo, dalla Lario a Fini alla Marcegaglia (ma lì scherzavano!) e a chiunque si permetta di criticare il capo, lo si bastona (giornalisticamente parlando). E non lo si fa con fatti, ma con accuse infamanti, come quelle di Sallusti ieri (che praticamente avvicina Saviano a un mafioso), non suffragate da un fatto che fosse uno e con alcuni pezzi oggi che rasentano il ridicolo.
 
Un articolo su un “vecchio scritto semiclandestino” apparso su “un progetto culturale milanese denominato «Nazione indiana»” - inutile dire che Nazione Indiana è il più importante blog letterario italiano, e inutile dire che quando si possono colpire due piccioni con una fava, perché trattenersi (i rapporti tra Nazione Indiana e Il Giornale non sono proprio ottimi)? – è il primo attacco di oggi a Saviano. Un racconto di sette anni fa (sic!) in cui lo scrittore campano fa ironia sull’ossessione leghista per i clandestini e i meridionali, e sul fatto che tutti sono a nord di qualcosa. Un racconto sulla Lega? Sì! Un racconto che in questi anni si è autoalimentato con disinfestazioni di treni, magliette anti islam, maiali antimoschea, chi non salta è napoletano etc. Insomma niente di nuovo, cose di cui la Lega va fiera, ma niente, per il Giornale è uno scandalo (ma non ricorda, Il Giornale, che conosce così bene la vita di Saviano, come questi sia inviso ai Bassolino e alle Iervolino di turno? Silenzio... meglio non ricordarlo!). Il racconto termina così: “Torno a casa, m’infilo sotto la doccia gelida, esco ancora nudo fuori al balcone, spero di svegliarmi. Invece, ancora bandiere verdi… Spero che tra poco suoni la sveglia, l’avevo programmata per le dieci e trenta”. Vergogna massima per il giornalista del quotidiano milanese che commenta: “E certo, mica Saviano si alza come gli operai di Melfi o Pomigliano. Quello sì, sarebbe un vero incubo.”. La domanda nasce spontanea avremmo detto qualche anno fa: “Che co-sa c’en-tra? Co-sa?”. Cavolo, Saviano si macchia addirittura della colpa di svegliarsi alle 10 e 30? Il classico atteggiamento terrone e sfansafatiche. Caro Filippi, ma se fosse stata una domenica? Ma se fosse stato un giorno di ferie o di festa? Ma se quel giorno Saviano non avesse avuto da studiare o lavorare? Insomma la versione soft dei calzini stravaganti del giudice Mesiano che cari sono costati a Brachino.
 
Ma se questo del Giornale era più che altro un divertissement per sottolineare come c’è del pregiudizio nei confronti della Lega insito in Saviano, ecco che Pier Francesco Borgia e Gian Marco Chiocci calano il carico. In un articolo dal titolo “Dalle accuse di scopiazzare alle amicizie imbarazzanti: tutti i ko del pugile scrittore”, riescono a inanellare costruire un capolavoro, parlando male di Saviano senza quasi mai citare qualcosa che Saviano avrebbe fatto. Un equilibrismo degno del miglior circense.
 
I giornalisti riescono a scrivere in sequenza che ad esempio “ieri Roberto Saviano non vede­va l’ora di andare a dormire. Per l’imbarazzo. Perché lo schiaffo ricevuto a metà pomeriggio dal ministro Ma roni è di quelli che stordiscono i più accecati detrattori del governo Berlusconi”. Bene, ci sapranno spiegare lorsignori cosa c’entra l’arresto di un latitante legato alla Camorra da parte delle forze dell’ordine con la polemica tra Saviano, Lega e ‘Ndrangheta? Per caso l’arresto di Iovine dimostra che al nord non ci possa essere collusione tra ‘ndranghetisti e colletti bianchi, perché no, legati anche alla Lega? Ipotesi interessante, senza dubbio. Ma non finisce qui, perché “ad arresta re il boss Antonio Iovine, ci ha pensato l’ufficio guidato da un poliziotto coraggioso nella lotta al crimine quanto impreparato a difendersi dall’accusa di «lesa maestà»: parliamo del capo della Squadra Mobile di Napoli, Vittorio Pisani, che per aver osato dubitare sull’urgenza di una maxi scorta allo scrittore, è stato crocifisso dai fan dello scrittore casertano”. Panico! Anzi no... Che c’entra Saviano con Pisani? Lo scrittore campano ha mai fatto dichiarazioni contro il capo della mobile napoletana? Perché le critiche dei fan vengono automaticamante attribuite allo scrittore. Una mossa retorica che lascia il tempo che trova (cari giornalisti de Il Giornale ecco per voi una spolverata di quello che sono e fanno i vostri fan: qui a proposito proprio di Saviano e poi qui sui terremotati e qui sui gay). 
 
Ma il coraggio lo si vede nella frase successiva, ovviamente non rivolta a se stessi bensì allo scrittore di Gomorra: “Mettere insieme pezzi disordinati di inchieste (giornalistiche o giudiziarie poco importa), condirli con retorica deamicisiana e azzardare teoremi suggestivi, è una ricetta vincente per un gourmet della cattiva informazione”. Sì, avete letto bene!
 
E ancora... scrivono i giornalisti “Nessun politico è promosso, tranne uno: Lorenzo Diana, già parlamentare Ds, membro nella com missione antimafia, ora dipietrista convinto. Eppure secondo alcuni suoi lontani trascorsi ripresi in interpellanze parlamentari (che a politi ci come Cosentino non sarebbero perdonati) vien fuori che alla fine de gli anni Settanta, Diana era in giunta a San Cipriano d’Aversa con Ernesto Bardellino (fratello del super boss Antonio) e Franco Diana (arre stato e ucciso in cella per un regola mento di conti)”. Non legami, non affari, ma la semplice vicinanza fisica in giunta. Il problema è che questo passaggio serve per difendere Cosentino il quale è accusato di connivenze con la camorra da vari pentiti (che siano reali o meno lo deciderà la magistratura). Ah e come non buttare lì un’accusa di plagio, quella di Simone Di Meo, e ripresa dal Giornale. Come è finita quell’accusa? Con un nulla di fatto come scrivono anche i giornalisti (ah! La citazione fatta a Di Meo nelle ristampe di Gomorra è antecedente all’articolo a cui fanno riferimento i giornalisti, come è scritto nell’articolo stesso), perché Di Meo ha rinunciato. Appunto, quindi non cade anche l'accusa di plagio? O rimane come un'onta seppur lasciata decadere? E aggiungiamo che ci risulta che altre accuse siano finite con l’assoluzione dello scrittore. E De Franciscis? Perché non ne parla? Beh perché ognuno decide di cosa parlare e non si può parlare di tutto, altrimenti potremmo capovolgere la domanda al Giornale e chiedergli perché non fa inchieste su Cosentino? E Dell'Utri?
 
E come poteva mancare l'affondo di Sgarbi? Che prima si lamenta con Fazio per non essere mai stato invitato, eppure lui è uno che "tiene alti gli ascolti" e poi attacca Saviano perché non fa sua la battaglia dello storico d'arte contro la mafia dell'eolico, o meglio, non ne parla in tv (almeno fino ad oggi). "Ascolto e trovo Saviano evasivo e non convincente. Aspetto invano che faccia riferimento al Molise, alla Puglia, alla Calabria, alla Sicilia, martoriate dalle pale eoliche con profitti miliardari e arresti di mafiosi. Niente. A Saviano non interessa. Racconta la sua visita ai rifugi dei mafiosi, conserva un atteggiamento drammatico ma non parla di mafia, non la denuncia. Parla d’altro". Insomma, nessuno mette in dubbio la giustezza della battaglia di Sgarbi, ma perché non parlare di quell'argomento specifico significa non parlare di mafia? Chi non parla di mafie dell'eolico non vale nulla? Parla d'altro? Un altro dei misteri de Il Giornale.
 
Insomma se non è proprio “macchina del fango” sembra di poter pur sempre parlare di una penna con mirino puntato e pronta a sparare (e non sempre è solo fango).

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