La frode di Trieste
par Enrico Emilitri
sabato 25 febbraio 2012
Il Trentino-Alto Adige è stato un affare, la Venezia Giulia, l'Istria, Trieste e Fiume, oggi Rijeka (HR), una frode. A dirlo non è solo il sottoscritto, ma l'evidenza dei fatti storici. Eppure c'è chi ancora oggi insiste nel tentativo di ricongiungere territori oggi appartenenti alla ex-Jugoslavia "in nome del sangue dei nostri martiri"!
L'origine di simili rivendicazioni risale a molti secoli fa, soprattutto nel periodo in cui tali zone appartennero (sino al 1797) alla Repubblica di Venezia, dopodiché passarono al Regno d'Italia (napoleonico) per poi costituire (sino al 1815) le Provincie Illiriche e passare, infine, all'Impero d'Austria (dal 1867 al 1918 Impero d'Austria-Ungheria), che ne fece un vero e proprio bastione in apparenza inespugnabile, ma che subì una serie di attacchi dimostrativi coma la dannunziana Beffa di Buccari (10-11 Febbraio 1918) e l'affondamento della Viribus Unitis (1 Novembre 1918) ad opera dei tenenti Raffaele Rossetti e Raffaele Paolucci (entrambi decorati di medaglia d'oro e destinati a maggiri fortune sia militari che politiche).
A dire il vero simili rivendicazioni nascevano, in parte, da un errore di fondo dovuto alla situazione venutasi a creare all'indomani della Campagna del 1866 (la c.d. Terza Guerra per l'Indipendenza), in seguito alla quale l'Austria-Ungheria perse il controllo sulla Germania [passato alla Prussia che, in seguito, creò l'Impero Tedesco (1871-1918)] mantenendo solo il Trentino-Alto Adige, la Venezia Giulia, l'Istria e la Dalmazia, che - oltre ad un valido ed efficace deterrente militare (soprattutto nei riguardi del nostro Paese) - costituivano di fatto gli ultimi grandi agganci economico-commerciali, persi i quali lo Stato Asburgico sarebbe rimasto strangolato sia economicamente che politicamente e militarmente (era, questo, il desiderio di Ettore Tolomei più ancora di Cesare Battisti).
In effetti le autorità militari asburgiche non ci ritenevano percolosi, tanto che - come dimostra la mappa riportata qua sotto - non aveva schierate molte truppe lungo quelli che erano allora i confini tra il Regno d'Italia e l'Impero d'Austria-Ungheria, specie dopo la ratifica della Triplice Alleanza (1882-1915): le cose, come sappiamo, mutarono proprio con il nostro intervento nella Prima Guerra Mondiale a fianco della Triplice Intesa.
Il colpo riuscì, si fa per dire, ad Antonio Salandra (qui sopra), che sostituì Giolitti e avviò le trattative per la ratifica del Patto di Londra, che venne sottoscritto nella capitale britannica il 26 Aprile 1915, con l'impegno ad intervenire nel conflitto entro i trenta giorni immediatmente successivi alla ratifica del documento, cosa - come sappiamo - avvenuta il 24 Maggio dello stesso anno.
Come si vede in questa sitografia, al nostro Paese sarebbero spettati il Trentino-Alto Adige, la Venezia Giulia, l'Istria e parte della Dalmazia, ma non Fiume, che sarebbe invece spettata alla costituenda Jugoslavia, sino al 1931 Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, ma la cosa non fece certo piacere a quanti, come Gabriele d'Annunzio, si erano battuti per una Grande Italia, tanto da far gridare il poeta pescarese alla "Vittoria Mutilata" [una cui rappresentazione si trova sulla porta d'ingresso del Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera (Bs)], tanto da intraprendere l'Impresa di Fiume (1919-21), con la quale conquistò il capoluogo del Quarnaro (o Carnaro o Quarnero) instaurando un Consiglio di Reggenza e varando addirittura una vera e propria costituzione, la Carta per la Reggenza del Quarnaro, poi abolita dopo la definitiva annessione al Regno d'Italia, cosa che comportò la contemporanea rinuncia da parte nostra di parte dei territori già promessi dal più volte citato Patto di Londra.
A dire il vero la truffa si verificò proprio a questo punto: Trieste, infatti, è letteralmente insaccata in fondo all'omonimo golfo, e risulta molto incomodo soprattutto se si considera che le rotte che incrociano su Venezia si appoggiano molto più facilmente su Capodistria e Pola, ancorché su Ancona, Sebenico, Spalato, Brindisi, Durazzo e Valona, non certo su Trieste, dato che il capoluogo giuliano non ha neppure un retroterra industriale e comemrciale, o - perlomeno - lo avrebbe avuto se i nostri diplomatici fossero riusciti ad ottenere, soprattutto a Versailles e col Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919), anche la Carniola, vale a dire la regione di Lubiana, cuore non solo storico della Slovenia, cosa che gli avrebbe consentito di aprirsi un varco verso le emergenti economie dell'est Europeo (in primis quella sovietica); in parole povere, Trieste sarebbe diventata, al pari di Fiume, il porto di Lubiana: se poi fosse stato creato (su modello di quello di Panama, inaugurato proprio alla vigilia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale) un canale tra i due porti, ciò avrebbe consentito di bypassare l'Istria accelerando i collegamenti tra il Nord Europa, il Mediterraneo Centrale e l'Oriente.
Ad aggravare le cose si mise nientemeno che Mussolini, il quale temeva che, a fronte di una simile serie di evenutalità, la progressiva industrializzazione della Venezia Giulia e dell'Istria avrebbe portato alla formazione di una classe operaia non insensibile alle dottrine socialista e marxista, cosa per lui (espulso, come sappiamo, dal PSI alla vigilia dell'intervento per il mutamento delle sue posizioni in merito a ciò, e questo in prospettiva rivoluzionaria)
Finita la Seconda Guerra Mondiale iniziò per Trieste il ben noto calvario culminato nel ben triste episodio delle foibe, rappresaglia certo umanamente e moralmente inaccettabile, ma comprensibile tenendo conto di tre anni e mezzo di occupazione e brutalità nazifasciste, con 1.700.000 jugoslavi (il 10% circa della popolazione d'anteguerra) trucidati, di cui 7.500 solo a Kragujevac (SRB) in risposta proprio ad un attacco partigiano contro gli occupanti e i collaborazionisti ustaše.
Riassumendo, e nonostante la mia personale simpatia e interesse (anche in quanto storico) per queste zone, non posso non rimproverare i nostri stessi padri di aver, ancora una volta (seppure in buona fede), operato (diversamente da quanto avvenuto per il Trentino-Alto Adige, che comunque ci assicura, come già all'Impero Austro-Ungarico, il collegamento con i ricchi e prosperi mercati del Nord e Centro Europa) una scelta completamente sbagliata che continuerà ad essere pagata sulla propria pelle non solo dalla nostra generazione e da quelle precedenti, ma pure da quelle che seguiranno, almeno sino a quando permarranno quei retaggi ancestrali che ci faranno credere il faro della civiltà contro l'oscurità della barbarie!