La forza della debolezza: Anna Marchesini e Brittany Maynard

par Sara Pulvirenti
martedì 4 novembre 2014

Due notizie hanno colpito la sensibilità di molte persone negli ultimi giorni: la storia di Anna Marchesini e quella di Brittany Maynard. La prima conosciuta “da sempre” per i suoi mille personaggi comici e la seconda diventata “famosa” solo negli ultimi mesi della sua vita per il suo annuncio di volere fare ricorso all’eutanasia.

Le due, probabilmente pur non essendosi mai conosciute, hanno un elemento che le accomuna: la malattia. Ma le similitudini finiscono qui perché le loro storie sono le due facce di una stessa medaglia. Sono le due strade che si aprono di fronte all’incrocio più difficile che si possa incontrare nella vita: la morte.

Brittany, malata di tumore al cervello in fase terminale, ci ha lasciato ieri per sua scelta personale, a 29 anni. Non lo ha fatto in maniera silenziosa e riservata ma irrompendo nella nostra quotidianità, come un tuono inaspettato in una calda serata estiva.

Anna, invece, afflitta da una forte artrite reumatoide, ha deciso di vivere e di non nascondersi: si è messa a nudo, lacerata, irriconoscibile, indebolita da un male che lentamente la sta mangiando.

L’istinto umano è subito quello di schierarsi: ma è giusto togliersi la vita in caso di malattie degenerative? O ancora, è corretto mostrarsi ripetutamente in pubblico da malati? È più giusto staccare la spina finché si hanno le capacità per comprendere il gesto che si sta facendo e la realtà che ci circonda? O invece è più opportuno lasciarsi oltrepassare dalla vita, arrivando lentamente a spegnersi come delle candele? C’è chi si rifugerà nella fede, chi invece nella ragione e chi rimarrà interdetto.

Per quanto mi riguarda, sarà che abbiamo più o meno la stessa età, ma fossi stata Brittany, probabilmente avrei preso la sua stessa decisione, o almeno ci avrei pensato. Senza immaginare i dolori e i problemi della malattia degenerativa che l’aveva colpita, vedermi costretta ad essere consapevole di perdere lucidità e di non potere essere di conforto alle persone che mi vogliono bene e mi sarebbero state vicino, non mi avrebbe fatto avere dei dubbi.

Al tempo stesso però, accendo la televisione per puro caso e mi ritrovo quella che per me è stata e sempre sarà “bella figheira”, Anna Marchesini. Rannicchiata sua una sedia, ridotta quasi ad uno scheletro. Dopo la prima difficoltà nel guardarla davvero in viso, mi ritrovo a sorridere ed a farlo nonostante il suo aspetto.

Ed allora qualche dubbio in realtà mi viene: con il suo gesto Brittany ed il suo volto giovane e senza rughe ed il suo sguardo intimorito ma vivo, sembra apparentemente avere mostrato forza e coraggio, Anna invece con il suo viso e articolazioni deformate è la prova evidente e vivente di quanto siamo fragili. Apparenza.

Certo, togliersi la vita e farlo con coscienza e programmazione non deve essere semplice: dire addio ai propri cari, sapere di sentire per l’ultima volta le loro voci, deve essere qualcosa di straziante. Ma è più difficile sapere di morire nel giorno x all’ora y, oppure essere consapevoli di perdere lentamente ma inesorabilmente il controllo del proprio corpo e della propria persona?

In realtà non è importante. È invece fondamentale osservare quegli sguardi deboli che ognuna di loro ha. Sguardi che in realtà, però, vanno oltre la debolezza e la paura e trasudano invece forza.

Una forza basata su un valore che nuovamente le accomuna: la libertà. La stessa che ha spinto Brittany a salutarci presto e che spinge, invece, Anna a dire, tra una battuta e l’altra, “non ho ancora capito perché si sta in vita, però io ci sto”.



Sara Pulvirenti


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