La fine della stagione dei sindaci e il ritorno della politica. Forse...

par brunocolacchi
lunedì 10 novembre 2008

Se, dopo aver vinto con la sua mozione, Ségolène Royal, al congresso socialista francese che si terrà tra una settimana, sconfiggerà il sindaco di Parigi Delanoe, si potrà dire che è finita la stagione degli amministratori ed è ricominciata l’epoca della politica. Dunque il progetto e il sogno, la narrazione di un popolo e la direzione.
La storica vittoria di Obama “dal nulla”, cioè non dalla casta, è stato il primo segnale. Il consenso si recupera sulla strada, sulle piazze, quelle virtuali comprese. Suonano le campane anche per W, certo non a festa come vorrebbe far credere. Da queste parti i politici fanno orecchie da mercante. Non è un caso che, dal sondaggino del Riformista su chi è l’Obama italiano, vinca Bersani e subito dopo segua Berlusconi, cioè il leader della destra. Il problema è: come ricominciare a fare politica dopo aver prodotto tutte queste macerie? Dopo aver avvelenato i pozzi e l’aria si è fatta irrespirabile? E, soprattutto, quale credibilità avranno gli "Obama italiani" (leggasi i politici affidabili, visto che Obama è diventato uno e trino, sinonimo e pietra di misura di ogni cosa, qui, dove lo sport principale è saltare sul carro dei vincitori)? Come dimostrano i messaggi dell’Iran, Obama possiede non solo capacità narrativa e carisma da vendere, ma anche un progetto politico da applicare con forza, coraggio e determinazione. Perchè ha rischiato in proprio, ha saputo organizzare una straordinaria campagna e vincerla.

Lo stesso dicasi di Ségolène Royal. Donna tenace, dal sorriso tagliente e lo sguardo fermo. Ha saputo rialzarsi dalla disfatta con Sarkò, e giocarsi la faccia ad un congresso aperto, non preconfezionato come le primarie italiane dell’ottobre 2007 che, come un boomerang, sono cadute in testa del proprio ideatore. Sia Ségolène che Barak, conoscono il gioco di squadra. Sanno fare alleanze e soprattutto correggere la traiettoria e imparare dagli errori. Ma negli USA e in Francia la situazione è più facile, perché le regole del gioco sono chiare, si vince e si perde. L’Obama italiano non esiste per la semplice ragione che nel nostro Paese la politica prevede il pareggio, dei leader e delle coalizioni. In Italia, la locuzione democrazia dell’alternanza significa: oggi a te ma anche a me, domani a me ma anche a te. Il ceto politico, la casta, vince sempre perché accetta di pareggiare. E lo fa per vincere sempre, per autoriprodursi uguale a se stessa, emofiliaca, flaccida, sterile.


Nella casta vige la regola endogamica, si sposano solo tra consanguinei, con le conseguenze, che subiamo tutti, di un Paese immobile, impantanato sui soliti vizi. Cosa, questa, che non appartiene né alla Francia (una donna che corre per la Presidenza della repubblica, perde e si rialza per conquistare il partito), né agli USA (un afroamericano, bello e abbronzato, che vince le primarie contro un’altra donna e poi conquista la presidenza), dove la mobilità sociale è garantita per diritto e per merito. Anche per i politici la chiave è questa: chi vuole il consenso deve conquistarlo. Il paradosso italiano è che i nostri politici sono vittime del loro stesso gioco. Come un nodo scorsoio, se cercano di allentarlo, rimangono strangolati. E così non sanno che pesci prendere e si aggrappano a sant’Obama come sempre, sincretici e pagani.

 

 


Leggi l'articolo completo e i commenti