La “fase greca” della crisi finanziaria globale

par Bernardo Aiello
mercoledì 9 giugno 2010

L’attuale contingenza finanziaria ci ha portato in dono una manovra correttiva dei conti pubblici di tutto rispetto, per l’ammontare complessivo di euro 37 miliardi da ripartire in due annualità. E non siamo i soli: tutti i Paesi europei si stanno muovendo in maniera coordinata lungo questa via, scelta per contrastare le conseguenze della crisi greca. Non saranno sangue, sudore e lacrime, come promesso agli inglesi da Winston Churchill, ma queste “manovre europee congiunte” restano pur sempre l’evento centrale dell’attuale attività politica europea e nazionale ed anche una opportunità, che finiremo, con ogni probabilità e come sempre, per perdere.
 
Innanzitutto la via scelta per affrontare la crisi greca è l’assoluta negazione del principio dell’azzardo morale: atteso che imbrogliare sui propri conti pubblici non comporta alcuna conseguenza per chi lo mette in atto, per quale motivo in futuro i Paesi della Comunità Europea non dovrebbero rifarlo? E, conoscendo l’italica propensione verso atteggiamenti poco virtuosi, il vostro reporter teme che sia proprio il nostro Paese uno dei maggiori candidati all’imbroglio, massimamente in prossimità di consultazioni elettorali, quando è difficile non ricorrere ad ogni mezzo per blandire l’elettorato. La Grecia andava esclusa dall’area dell’Euro, almeno temporaneamente, con suo conseguente ritorno ad una propria moneta in grado di svalutarsi liberamente, per affermare il principio che non si può appartenere a quest’area e contemporaneamente dire le bugie sui propri conti pubblici. Per molto ma molto meno gli americani hanno messo alla porta un loro Presidente.
 
Comunque sia di ciò, scelta la diversa via di sostenere con prestiti interni il fabbisogno dello Stato greco che non riusciva più a reperirne sui mercati internazionali, ne è conseguita l’esigenza di politiche economiche virtuose per tutti i Paesi della Comunità. Questa esigenza, a dire il vero, non sembra molto collegata con la crisi greca se non come “sua causa scatenante”, e ciò a causa delle modeste dimensioni dell’economia di questo Paese rispetto a quelle dell’intera Comunità Europea. Ne consegue che le vere ragioni al fondo delle “manovre europee congiunte” stanno altrove ; anzi non sempre sono ragioni finanziarie. Ad esempio nel caso dell’Italia pesa, e non poco, il disarmonico sviluppo fra Nord e Sud del Paese.
 
Da questo punto di vista la cosiddetta “crisi greca” avrebbe potuto essere, anzi lo è ancora, un’opportunità per affrontare problematiche che con la Grecia hanno ben poco a che vedere ; ad esempio, nel caso del nostro Paese, la questione meridionale; o ancora il problema dell’iniqua redistribuzione del prodotto nazionale, che ha portato alla creazione di categorie fortemente privilegiate, sia nel settore privato sia nel settore pubblico; o altro ancora.
 
Sulla manovra il polo progressista è in procinto di organizzarsi con manifestazioni pubbliche in favore del lavoro e contro rendite e speculazione ; con l’aperto obiettivo di influire sull’operato del governo. Forse qualcuno dovrebbe svegliarli.
 
Innanzitutto in un sistema politico bipolare fondato sull’alternanza, la divisione dei compiti è netta: la maggioranza governa e l’opposizione ne controlla e ne critica l’operato senza mescolarsi ad essa in alcun modo. Eventuali decisioni congiunte pertengono esclusivamente argomenti eccezionali, dallo stato di guerra contro un nemico esterno, alla Costituzione, alle decisioni sulle regole che disciplinano il voto e così via. Per il resto, ipotesi di decisioni congiunte possono solo far parte del chiacchiericcio dei talk show televisivi e di quanti ne hanno fatto un buon sistema per diventare ricchi. E non convince affatto il disinteresse del premier nel coinvolgere l’opposizione in decisioni che lui reputa impopolari.
 
Quanto al problema della redistribuzione del prodotto nazionale, si provi a calcolare quante commesse di un supermercato possono essere pagate con lo stipendio medio di un deputato o di un magistrato o di un calciatore professionista e senza dimenticare i due-milioni-due di italiani che non riescono nemmeno ad essere assunti alla cassa di un supermercato. Sono questi, e non altri, i veri problemi del Paese.
 
Riusciremo ad approfittare delle opportunità fornite della “fase greca” della crisi finanziaria globale per capirli e per affrontarli, i veri problemi della nostra economia ?

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