La doppia manifestazione "per Gaza"
par Fabio Della Pergola
martedì 3 giugno 2025
La guerra di Gaza è una. Ma le manifestazioni che la sinistra italiana promuove con l’intento di fermarla sono due (e avrebbero potute essere perfino tre o quattro). Il che la dice lunga.
Una il 6 giugno promossa dai centristi (IV, Azione, Radicali, Sinistra per Israele e riformisti del PD), l’altra il 7 giugno chiamata in piazza da M5S, AVS, PD ala Schlein + altre sigle minori.
I motivi di questa separazione risiedono nell’interpretazione storica da dare al 7 ottobre, il massacro criminale contro civili innocenti, molto spesso appartenenti a quella sinistra israeliana che si batte per un rapporto non conflittuale con i palestinesi, e poi ragazzi andati a ballare, arabi israeliani e beduini, studenti e lavoratori stranieri, oltre ai pochi militari di guardia al confine.
Secondo Linkiesta, a firma di Carmelo Palma, la faglia che separa le due manifestazioni sarebbe infatti quella che separa la “tendenza Antonio Guterres e Francesca Albanese, che ritiene che il 7 ottobre “non venga dal nulla”, cioè venga anch’esso da Israele, e che il pogrom di Hamas sia l’effetto collaterale inevitabile delle colpe inemendabili dell’occupazione sionista, categoria onnicomprensiva che fa di tutta l’erba un fascio e di tutte le terre tra il Giordano e il mare, dal 1948 ad oggi, una patria araba usurpata dal colonialismo ebraico” da un’altra opposizione “che, come l’opposizione israeliana al Governo Netanyahu, pensa occorra contestare la coincidenza tossica tra la sacrosanta difesa di Israele e la difesa, costi quel che costi, della premiership di Bibi”.
Il diritto di Israele alla sua “sacrosanta difesa” o una patria araba “usurpata dal colonialismo ebraico” fin dal 1948. Il punto è tutto qui. E lo sa chiunque abbia partecipato a una discussione sui social o fra amici a cena. Si parte dall’orrore per il 7 ottobre e a quello per la reazione israeliana al 7 ottobre e immancabilmente si torna indietro nei decenni per arrivare, prima che passi una manciata di minuti, ad accapigliarsi sul 1948.
Si potrebbe risalire fino alla vexata quaestio tra Isacco e Ismaele, ma in genere la cultura non arriva a tanto (nessuno sa che alla fine quei due si trovarono insieme a seppellire il comune padre Abramo).
La questione è perciò irrisolvibile (anche se nel PD ci sarà, ma come stupirsene?, chi parteciperà a entrambe le manifestazioni) perché o lo stato ebraico ha diritto di esistere e quindi di difendersi o è un’occupazione coloniale installata su terra altrui e allora, come dice Ovadia, gli odiati sionisti se ne devono andare e tornare a essere i buoni ebrei cosmopoliti e innocui che erano prima della Shoah e che a parole piacciono (adesso) un po’ a tutti. A parole, sia chiaro (e solo quelli che non sono finiti in cenere a quei tempi).
Sul resto, la necessità di fermare il conflitto, di por fine alle morti (come quelle dei nove figli di una donna di Gaza), di liberare gli ostaggi vivi e di restituire i corpi di quelli morti (innocenti tanto quanto i bambini di Gaza, ma nessuno lo dice mai), di fermare gli atti di terrorismo (come quello che ha causato la morte di una giovane donna israeliana e del suo bambino colpita mentre andava in ospedale a partorirlo) e le violenze dei coloni che bruciano i raccolti dei contadini palestinesi o dei razzisti tifosi di calcio che se la prendono con un autista di autobus colpevole di essere arabo, eccetera, su tutto questo un accordo di fondo c’è già. Chi mai sarebbe d’accordo nel far continuare una faida che ha già compiuto un secolo?
Ci si limitasse a questo (sembra poco?!) si potrebbe manifestare tutti insieme in piazza sventolando le DUE bandiere, quella israeliana accanto a quella palestinese, per rimarcare il diritto dei DUE popoli a DUE stati, separati, autonomi e indipendenti, destinati a vivere in pace uno accanto all’altro e a svilupparsi in armonia.
Ma, siamo seri, qualcuno avrebbe mai il coraggio di portare una bandiera di Israele nella piazza del 7 giugno?
Tanto più dopo che Francesca Albanese ha dettato la linea: "lasciate le bandiere israeliane a casa”. Gli ha fatto eco il pentastellato Carotenuto: “Non ho nulla contro gli israeliani, ma adesso quella bandiera non si può portare in piazza”. Jawohl, herr Kommandant!