La disoccupazione giovanile si combatte con l’imprenditoria esponenziale
par PIERO FORMICA
giovedì 10 marzo 2011
Superata la soglia del 30% di giovani disoccupati tra i 15 e i 24 anni di età, è un record dopo l’altro quello battuto dalla disoccupazione giovanile. È questo un imperdonabile spreco di ricchezza futura, giacché la popolazione giovanile è un grande serbatoio di talenti innovativi (nell’ordine dell’80% sotto i trent’anni d’età). Tra costoro, tanti i potenziali imprenditori le cui avventure nel mondo dell’innovazione sono precluse dalla carenza di quel propellente che è il capitale di rischio. Eppure ci sarebbe lo spazio per far volare nel cielo della creazione d’impresa gli “angeli degli affari”, quegli individui che tanto contribuiscono con le loro risorse intellettuali e monetarie al decollo delle start-up e che tanto scarseggiano nel nostro paese. Basti pensare che le famiglie italiane in cui rientrano gli individui in questione svettano nel mondo per la ricchezza detenuta. Copriamo l’1% della popolazione e rappresentiamo il 3% del PIL mondiale, ma la quota della ricchezza familiare è ben superiore, pari al 5,7%. 350 mila euro di ricchezza in media per nucleo familiare, ma pochi angeli disposti a destinarne una seppur minima quota ai giovani imprenditori innovativi. Per giunta, col 10% delle famiglie che possiedono il 45% della ricchezza totale, il gruppo degli investitori individuali potrebbe essere particolarmente folto. Non è così.
Se le nostre famiglie sono poco indebitate, il paese è in debito d’imprenditorialità innovativa. Si compra la casa alla prole, non si investe, però, nel figlio disposto a correre il rischio di una nuova idea e a farla accadere. Ai giovani aspiranti imprenditori dell’innovazione, famiglie e business angel voltano le spalle. Ma non nella vicina Francia in cui tante sono le agevolazioni fiscali per gli investitori in capitali di rischio, fino a poter tagliare del 75% le imposte sul patrimonio investendo in start-up un importo equivalente. Disegnando una tassazione che premia l’imprenditorialità, la semina di capitali di rischio, oggi dieci volte meno abbondante che in Francia, produrrebbe l’humus per far sbocciare fresche e innovative risorse imprenditoriali che all’Italia non fanno difetto.
Premiare l’imprenditorialità vuol anche dire dar voce ai tanti giovani fondatori di imprese, i quali, anziché navigare nel Mar dei Sargassi del precariato, si candidano a sviluppare nel paese un’imprenditoria ad alto potenziale di crescita facendo surf sulle onde dell’innovazione. Ciò che si propone STARTUP ASSOCIATE, l’appena costituita Associazione italiana delle startup innovative.