La dignità del Parlamento e gli onorevoli part-time

par Daniel di Schuler
lunedì 22 agosto 2011

Pagare i politici è doveroso. E’ proprio per questo, perché li paghiamo, che possiamo pretendere la loro assoluta dedizione; che possiamo esigere che dedichino alla loro carica tutto il loro tempo e tutte le loro attenzioni come non potremmo fare con qualcuno che si agisse per puro volontariato. Se così non fanno, però, non c’è alcuna ragione per versare loro tutti quei denari.

Mai, nella storia repubblicana, si è parlato tanto di dignità del Parlamento quando lo si sta facendo di questi tempi. Ad usare l’espressione, gridando alla dignità violata, sono proprio i nostri parlamentari, la nostra aristocrazia elettiva, e lo fanno ogni qualvolta qualcuno tra i sudditi ha l’ardire di far notare loro quanto siano ingiusti i privilegi di cui godono.

Pare che la dignità del Parlamento non subisca particolari danni dal fatto che l’otto per cento di coloro che vi siedono abbia subito delle condanne penali, come pure che sia rimasta intatta dopo i mercanteggiamenti da fiera bovina che hanno portato alla costituzione dell’attuale scilipotica maggioranza. Inviolata, detta dignità pare sia rimasta anche dopo che i parlamentari che sostengono il governo hanno votato compatti per affermare che il Presidente del Consiglio, credendo che Ruby Rubacuori fosse davvero una parente del deposto dittatore egiziano Mubarak, sia un po' ingenuo.

Quel che la dignità del Parlamento non sopporta, a sentire deputati e senatori, è qualunque richiamo alla morigeratezza nei loro confronti; qualunque critica ad uno stile di vita, il loro, che ai più appare un offesa a chi ha la sovranità della Repubblica, il popolo italiano, ed ai suoi sacrifici.

E’ stata la dignità del Parlamento, secondo il leghista Reguzzoni, ad essere insultata, per esempio, quando un’ondata di proteste ha costretto gli onorevoli a riconsiderare la decisione, già presa, di allungarsi le ferie. E’ la dignità del Parlamento che viene chiamata in causa ogni volta che viene proposto di ridurre gli emolumenti che senatori ed onorevoli, ognuno dei quali ci costa quanto Obama ai contribuenti americani, percepiscono.

Che la dignità del Parlamento sia attaccata come una catenella al portafoglio dei parlamentari ce lo conferma anche l’ultima manovra economica; pagheranno anche loro la tassa di solidarietà, ci informano con quei loro bei visini tanto simili ai loro posteriori, e la pagheranno tutta e senza sconti. Si dimenticano però di precisare che la pagheranno solo su una parte dei loro introiti, sull’indennità di carica, mentre non verseranno un centesimo di quelli che incassano con i loro munifici rimborsi spese. Risultato netto, per le tasche dei migliori tra noi? Un bello sconto del 77%. Secondo gli indignados  del Sole 24 ore, pagheranno solo 5.044 euro contro i 21.971 che avrebbero dovuto versare, a parità di reddito, se fossero stati dei normali cittadini. Complimenti: ancora una volta la dignità del Parlamento, alla faccia della crisi, è salva.

Dovrei, e con me dovrebbero tutti gli altri cittadini italiani, aver imparato la lezione.

C’è però una cosa che continuo a non comprendere.

I parlamentari, per difendersi dagli attacchi della plebaglia che li accusa, oltre che di costare troppo e di lavorare troppo poco, affermano di svolgere, in realtà, un compito assai gravoso. Sostengono di essere impegnati notte e giorno, per il bene del Paese, e che il loro lavoro non può essere quantificato con le due misere orette giornaliere che spendono nelle aule. Raccogliere le informazioni necessarie a valutare l’impatto sui cittadini delle nuove leggi, considerare articolo per articolo e comma per comma ogni provvedimento sottoposto alla loro approvazione, mantenere un costante e giornaliero contatto con i propri elettori, dicono, non lascia loro neppure il tempo di dormire. Sono, a dispetto dei beceri come me che pensano che non facciano altro che schiacciare, a comando, i bottoni delle votazioni, dei veri eroi del lavoro.

Com’è possibile, mi chiedo allora, che tanti di loro continuino anche dopo esser stati eletti nelle proprie avviatissime attività professionali? Come fanno gli onorevoli avvocati a continuare ad essere onorevoli restando avvocati? E gli onorevoli imprenditori? Che fanno? Intraprendono dagli scranni di Montecitorio?

Soprattutto, e torniamo a parlare di dignità del Parlamento nell’unico senso in cui viene ormai usata questa espressione, perché dobbiamo pagare i parlamentari part-time quanto quelli che si dedicano esclusivamente all’attività legislativa?

Mi pare equo, oltre che utile, raccattare qualche soldino in tempi di crisi, che ai parlamentari che hanno redditi derivati da altre attività vengano decurtati gli emolumenti della cifra che guadagnano, sottraendo del tempo alla propria missione, in altro modo.

Se l’onorevole X trova il tempo di fare il giornalista e ricava 20.000 euro l’anno dalle sue collaborazioni, che questa cifra venga dedotta dai suoi compensi per l’attività di parlamentare.

Qualche esempio pratico? Il simpaticissimo Onorevole Niccolò “ma va là” Ghedini, che ha continuato a fare il proprio mestiere d’avvocato del Presidente del Consiglio pur sedendo, anche se per poco, in Parlamento, nel 2010 ha denunciato 1.297.118 euro. A lui non si dovrebbe dare neppure un centesimo. Stesso discorso per Daniela “non sono una signora” Santanché; la fiera imprenditora, che delle sue attività continua ad occuparsi anche da parlamentare, nel 2010 ha dichiarato 642.517 euro e neppure a lei, che evidentemente si occupa del Parlamento solo nei ritagli di tempo, andrebbe dato alcunché.

Pagare i politici è doveroso. E’ proprio per questo, perché li paghiamo, che possiamo pretendere la loro assoluta dedizione; che possiamo esigere che dedichino alla loro carica tutto il loro tempo e tutte le loro attenzioni come non potremmo fare con qualcuno che si agisse per puro volontariato. Se così non è, e il principio è già recepito dai comuni dove gli assessori che hanno un altro lavoro ricevono solo il 50% delle indennità previste per le loro cariche, non c’è alcuna ragione per versare loro tutti quei denari.

Sono soldi, tanti o pochi che siano, che la comunità nazionale può risparmiare.


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