La deforestazione nascosta nei beni che acquistiamo

par maribù duniverse
martedì 4 maggio 2021

Deforestazione: chi distrugge i polmoni della Terra e cosa possiamo fare
di Pio Russo Krauss

Negli ultimi 30 anni sono stati distrutti 178 milioni di ettari di boschi, una superficie pari a 6 volte l’estensione dell’Italia, nel solo anno 2019 una superficie ampia quanto la Svizzera [1] Ciò è avvenuto e avviene soprattutto in Sud America, in Africa e in Estremo Oriente.

Gli effetti negativi di questa deforestazione sono enormi.

Le principali cause della deforestazione sono [3]:

Circa l’80% della deforestazione è causata dai consumi degli abitanti dei Paesi ricchi [3]. E’ perché noi mangiamo carne in maniera spropositata (in Italia in media circa 700g alla settimana invece dei 0-300g consigliati dai nutrizionisiti [4]), sprechiamo un mare di carta (200Kg per persona all’anno), compriamo troppi prodotti elettronici, auto e moto (batterie e pneumatici sono costruiti con terre rare e gomma e l’Italia è il Paese europeo con il maggiore numero di auto e moto per abitante), compriamo mobili in teak, mogano, ebano, palissandro, alimenti industriali contenenti olio di palma, acquistiamo caffè, cacao, banane non del commercio equo e solidale, prodotti in pelle o cuoio di aziende a cui interessa solo fare quanti più soldi è possibile.

Purtroppo le aziende senza scrupoli responsabili della deforestazione sono numerosissime e trovano appoggi in governi e politici. Forest500, un’organizzazione che raccoglie enti e associazioni che operano per la difesa delle foreste e della biodiversità, stila periodicamente un elenco delle aziende maggiormente responsabili [4]. Tra queste le principali sono:

 

Gruppo Veronesi (polli AIA, Negroni, mangimi veronesi),

Gruppo Natuzzi (divani & divani)

DESPAR (supermercati e relativi prodotti)

Deichmann (borse, zaini e scarpe con marchi Catwalk, 5th Avenue, Borrelli),

Samsonite (valigie, borse, zaini)

Mastrotto (pelli per arredamenti, abbigliamento, ecc.)

Kikkoman (prodotti della soia)

Cencoprod (azienda che vende pelli a vari marchi italiani, tra cui Nuti)

Hutchinson (multinazionale di pneumatici e molto altro)

Ebro foods (che controlla Garofalo, Bertagni, Scotti)

Prada (abbigliamento)

Clarks (scarpe)

Amazon (prodotti alimentari, valige, abbigliamento, mobili, cosmetici, bricolage, imballaggi ecc.)

Capri Holdings (che controlla Versace, Jimmy Choo e altre aziende della moda)

Nike.

Molte sono anche le banche e le finanziarie che sostengono attività che distruggono le foreste. Tra le principali: Prudential, BlackRock, Aviva, Fidelity, Vanguard, BPCE, Invesco, Intesa San Paolo, Unicredit, Credit Agricole, Allianz.

 

Ultimamente si parla tanto di transizione ecologica. Se ne parla perché gli effetti del cambiamento climatico si fanno sempre più gravi e le prospettive più minacciose, perché abbiamo sperimentato cosa è una pandemia e l’OMS ci dice che continuando a deforestare il rischio di nuove epidemie è molto alto, perché moltissime persone hanno preso coscienza che se si continua a far finta di nulla andiamo incontro alla catastrofe.

Ma oltre a parlarne bisogna agire coerentemente.

I cittadini devono cambiare i comportamenti non ecosostenibili, comprare di meno, informarsi di più, non guardare solo il prezzo di una merce ma anche quanto ci costa realmente (i danni che determina all’ambiente, alla salute, alla società, che pagheremo noi e i nostri figli), appoggiare le campagne delle associazioni ambientaliste contro la deforestazione [5].

I governanti e i politici devono smetterla di essere succubi di grandi aziende, banche e finanziarie o di settori produttivi non ecosostenibili, di ignorare o far finta di ignorare la situazione in cui stiamo e di prendere in giro i cittadini, illudendoli che si possa continuare con un modello di sviluppo e stili di vita insostenibili.

Il modo più semplice per impedire questa sudditanza dei politici è appoggiare e votare solo chi realmente e coerentemente persegue una effettiva politica ambientalista. Insomma gran parte del potere è nelle nostre mani: siamo ancora in tempo per cambiare le cose, ma dobbiamo smetterla con atteggiamenti fatalistici e rinunciatari e impegnarci personalmente e politicamente.
 

Da: ki.noblogs.org
 

Fonte: giardinodimarco.it
 

Note: 1) FAO: Global Forest Resources Assessment, 2020; 2) Ceballos G et al.: Accelerated modern human–induced species losses: Entering the sixth mass extinction. Science advances 2015; 3) Fonte: Curtis et al. Classifying drivers of global forest loss, Science, 2018; 4) Le stime del consumo medio di carne in Italia vanno dai 300g ai 2800g alla settimana. La stima più bassa (300g) è quella dei produttori di carne, la più alta è quella della FAO e di altri enti, che però considerano il peso totale degli animali (quindi anche le parti non edibili, quelle che servono per produrre alimenti per i 16 milioni di animali da compagnia carnivori e gli scarti utilizzati come mangime per i pesci). La stima di 700g alla settimana è quella che più si accorda con le indagini sulle abitudini alimentari condotte dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’ISTAT;

4) https://forest500.org/rankings/companies;

5) si visitino:

https://www.greenpeace.org/italy/tag/foreste, https://www.wwf.it/chi_siamo/organizzazione/come_lavoriamo/deforestazione_, https://www.legambiente.it/tag/deforestazione.

 

 

 

 

 

 

 

 


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