La deflazione è una minaccia per l’Europa (Germania compresa)

par Giacomo Giglio
mercoledì 20 novembre 2013

L'incubo di una crisi stile anni Trenta nel Vecchio Continente è ormai vicino.

Le stime relative alla crescita nel terzo trimestre delle principali economie della zona Euro hanno fatto tremare più di qualche scrivania a Bruxelles e dintorni. Il fatto è che, nonostante le misure espansive messe in campo da Draghi, in primis l'abbassamento del tasso d'interesse a livelli "americani", le condizioni dell'economia reale rimangono comatose. Se è vero che c'è una buona notizia (l'Irlanda è uscita dalla procedura di salvataggio), il resto del quadro è sconfortante: la Francia è in piena stagnazione, la Germania gode di una crescita anemica, l'Italia è ancora in leggera flessione.

Inoltre, i dati sulla disoccupazione continuano ad essere agghiaccianti: la percentuale di senza lavoro in Spagna e Grecia è sempre sopra il 25%. Una quota incompatibile (sul lungo periodo) con la democrazia, secondo molti storici.

Il punto è che, come scrive il premio Nobel Paul Krugman sul suo blog, l'Europa sta correndo a gran velocità verso il burrone della deflazione.

Dobbiamo ricordare che un paese come la Germania, nel periodo pre-crisi, ha potuto godere di una grande crescita della competitività anche (e soprattutto) grazie al differenziale d'inflazione accumulato: in parole povere, i paesi periferici avevano tassi d'inflazione molto più alti, e ciò permetteva alla Germania (e agli altri paesi nordici) di rendersi più competitivi in un lasso temporale piuttosto breve.

Tuttavia, a causa delle cure di austerità impartite dalla Troika, ora il tasso d'inflazione in paesi come Spagna, Grecia e Portogallo è crollato. Questi Paesi sono addirittura sull'orlo di un calo generale dei prezzi (cosa che gli economisti chiamano "deflazione"). Per la Germania e per i paesi nordici è quindi molto più difficile ottenere vantaggi di competitività basati sul differenziale d'inflazione. Essi sono costretti, a loro volta, a tenere l'inflazione bassissima per non perdere il terreno guadagnato rispetto ai cosiddetti "Piigs".

C'è quindi il rischio concreto che in Europa si scateni la corsa a chi deflaziona di più la propria economia, cioè a chi fa aumentare meno i salari e i prezzi. Una cosa che a prima vista potrebbe apparire positiva: il calo dei prezzi piace ai consumatori. Peccato che un calo generale dei prezzi su lungo periodo sia l'incubo di ogni buon economista: la deflazione prolungata è simile a quello che il coma farmacologico è per un individuo. Essa equivale a stagnazione dei salari e domanda interna in calo.

Una tale sciagura sarebbe, forse, il colpo definitivo per la credibilità delle istituzioni europee.

 

 


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