La cultura nei conti del salumiere

par Gianleonardo Latini
martedì 30 novembre 2010

Una visione economica che elude ogni riflessione sulla cultura, escludendola tra le opportunità per promuovere lâimmagine internazionale dellâItalia, scegliendo la pratica dei tagli lineari per semplificare la vita dei politici, attuandoli a occhi chiusi.

 
Si taglia la cultura sul territorio nazionale e si taglia la rappresentanza italiana all’estero. Cinema, teatro, musica, musei, biblioteche, archivi ed ora anche la lingua trova il suo ridimensionamento con il taglio dei fondi governativi alla Società Dante Alighieri.
 
Quale risparmio può ottenere Giulio Tremonti con il ridurre del 53%, da un milione e 248 mila euro del 2009 a 600 mila euro di quest’anno, i fondi messi a disposizione della Società Dante Alighieri per le numerose iniziative dedicate alla conoscenza della nostra cultura, oltre ai corsi d’italiano, nelle oltre 400 sedi sparse nel Mondo.
 
Seguendo con puntigliosità il prontuario da commercialista, per far tornare i conti, l’Italia non ne guadagnerà in prestigio nell’ambito dell’Unione Europea che ogni anno torna alla carica per ridurre il credito dell’italiano in quanto lingua nell’ambito dell’istituzione, né rendere più appetibile il Made in Italy se siamo noi i primi nemici del nostro idioma e del Bel Paese.
 
La Società Dante Alighieri, dopo 121 anni dedicati a promuove la lingua e la cultura italiana nel Mondo, rischia di chiudere o nel miglior dei casi vivacchiare come molte altre istituzioni italiane. La Società Dante Alighieri aveva già delle difficoltà a competere con le altre istituzioni culturali straniere come il British Council (220 milioni di euro) o il Goethe-Institut (218), per poi scendere ai 90 dello spagnolo Cervantes e ai 13 del portoghese Camoes o i 10,6 dei francesi dell’Alliance Francaise.
 
Un ente, la "Dante", fondato nel 1889 da Giosuè Carducci per l’alfabetizzazione dell’Italia, ma soprattutto come punto di riferimento per il molti italiani disseminati nel Mondo, aiutandoli a sentirsi vicini al loro Paese dopo essere stati costretti a lasciarlo per trovare altrove lavoro, ma è anche la testa di ponte per promuovere non solo la cultura, ma anche il Made Italy dei luoghi oltre che dei prodotti.
 
Ai tagli alla Società Dante Alighieri si sommano quelli alle Biblioteche, esemplare è il caso di quella di Firenze, nata nel 1861, è una delle due biblioteche nazionali centrali, l’altra è quella di Roma (1875), che vedono ridotti ad un lumicino i fondi per gestire un patrimonio di 120 chilometri di materiale per 6 milioni di volumi, 25.000 manoscritti, 3.700 incunaboli, 29.000 cinquecentine, 350.000 fascicoli l’anno di periodici e 235.000 accessi on line al giorno, tanto da essere l’oggetto di un’interrogazione al ministro Bondi da parte del Partito Democratico e far scendere in campo anche la Fondazione europea intitolata a Bob Kennedy, per un appello in difesa della prima biblioteca italiana.
 
Se non ci sono soldi per l’istruzione come si può finanziare la musica e il balletto, il teatro e il cinema? Cosa si può aspettare da rappresentanti della maggioranza e del Governo che asseriscono l’impossibilità di mangiare la cultura, pertanto può bastare un libro all’anno.
 
Tagli lineari che non coinvolgono seriemente l’apparato militare, come dimostrano le perplessità che ha destato l’acquisto dei 131 cacciabombardieri F35 (www.disarmo.org - www.sbilanciamoci.org/), e che i politici lo vedono a tutto campo, rimandando le scelte per fornire un armamento specifico al ruolo dell’Italia nel panorama internazionale. tra i 14 e i 16 miliardi che potrebbero essere utilizzati in un modo migliore, non solo nell’ambito dell’istruzione e della ricerca, ma se proprio deve essere in mezzi militari che siano utili all’economia italiana e ai nostri militari, acquistando elicotteri e mezzi da terra, sicuramente più adatti per le missioni di “Peace-keeping” nel Mondo.
 
La coperta è troppo piccola per soddisfare tutti, ma perché svantaggiare la maggioranza degli italiani, foraggiando ulteriormente gli interessi di pochi come l’istruzione privata che non ha problemi di bilanci famigliari e le prospettive del Governo di ampliare il bacino d’utenza all’istruzione “elitaria” è pura fantasia. Facilitare l’accesso a certe scuole per molti può realizzarsi solo con un cospicuo aumento dello stipendio.
 
Da una parte si riducono, giustamente, i corsi e le risorse, in alcuni casi giustamente, dell’Università pubblica, dall’altra ci si prepara a equiparare le università telematiche alla prestigiosa Bocconi o Luiss. Gran parte del patrimonio artistico, non tutto, è abbandonato l’incuria, si sbriciola o soffoca nella mondezza. Mentre i rappresentanti del Governo si giustificano gridando al complotto per destabilizzare l’immagine internazionale dell’Italia.
 
Non si può trovare una soluzione per lo sviluppo economico e sociale dell’Italia, come a ben spiegato il presidente della Repubblica Napolitano, mortificando proprio la cultura, una delle risorse più rilevanti del nostro Paese.
 
Interessanti premesse per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia con lo smantellamento di enti che rappresentano unità identitaria non solo nella lingua, ma soprattutto di un’unica radice culturale.

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