La crisi come opportunità sprecata: la Commissione Invalidi
par Bernardo Aiello
venerdì 26 novembre 2010
Premessa: il vostro reporter, dinanzi alla contingente evoluzione dei destini dell’attuale premier, che potrebbe essere costretto ad abbandonare il suo incarico, crede di non dover per questo modificare il suo vivere quotidiano ed ancor meno di doversene interessare in maniera ossessiva. Continuerà, pertanto, a studiare la realtà che lo circonda ed a raccontarla ai suoi lettori, altamente disinteressandosi dell’evento in progress. Prega questi ultimi ad avere lo stesso atteggiamento, per quanto loro possibile.
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Che l’attuale crisi finanziaria ed economica globale potesse e dovesse essere considerata come una opportunità per porre in essere iniziative coraggiose e virtuose, le quali senza di essa difficilmente si avrebbe avuto l’ardire di intraprendere, è stato detto sino alla nausea. Esaminiamo un caso in cui questo non è accaduto ed il Paese ha perso una occasione di progresso.
Non tutti conoscono l’esistenza della Commissione Medica Provinciale Invalidi: è una Istituzione chiamata a valutare la disabilità dei cittadini ed a disporre i benefici di legge conseguenti. Ad esempio valuta se al cittadino che lo chiede debba essere corrisposta una pensione sociale, ovvero l’indennità di accompagnamento, ovvero ausili e facilitazioni nel partecipare ai pubblici concorsi, ovvero ancora l’assistenza socio-sanitaria e così via.
E’ di solare evidenza che, per decenni, queste Commissioni hanno funzionato malamente, consentendo ad esempio ad un gran numero di soggetti non disabili di poter godere di una pensione sociale: sono anni che vediamo i giornali parlare del problema dei “falsi invalidi” e di intere comunità dove le pensioni sociali venivano elargite in quantità percentuale abnorme. Orbene, visto che le spese pubbliche per l’assistenza ai disabili sono decisamente importanti e non sempre elargite con buon fine, perché non approfittare della crisi per riscrivere le regole della Commissione Medica Provinciale Invalidi? Sembrava che così sarebbe stato, in quanto l’INPS veniva fortemente coinvolto nell’attività delle Commissioni e, in effetti, un primo risultato lo si è avuto: una nuova prassi nella redazione dei certificati medici di richiesta di intervento ed un nuovo modo di presentare le relative istanze è riuscito a ridurre e, soprattutto, ad omogeneizzare in tutto il Paese i tempi necessari per l’adozione del provvedimento richiesto. Tutto, però, almeno finora, è finito qui.
Lungi dall’operare al servizio del cittadino, le Commissioni Mediche si limitano a riceversi la documentazione medica prodotta nel più assoluto silenzio, ad operare in maniera assolutamente riservata e criptica nel fare le proprie valutazioni ed a prendere una decisione, per così dire, numerica: percentuale di invalidità riconosciuta e numeri di articoli della legge n. 109/94 riconosciuti. Sono una sorta di trasduttore, in cui entrano i certificati medici esibiti dall’istante ed escono dei numerini (la percentuale di disabilità, l’articolo della 104 esitato e così via). Null’altro, né in più né in meno; meno che mai vengono accertate e riportate le menomazioni del disabile.
In che modo questo possa incidere sull’integrazione sociale del disabile è cosa ardua da capire. La stessa normativa sull’accesso dei disabili al mondo del lavoro è vista, diciamo pure, in negativo: la valutazione delle cosiddette “capacità residue” del disabile servono a stabile se un certo lavoro gli sarà consentito di farlo, non certo a ricercare quali tipologie di lavoro sono alla sua portata e ad aiutarlo ad averne assegnato uno.
La cripticità è essenziale per consentire quello che è da sempre successo con queste Commissioni Mediche, le quali, nate con lo scopo di riconoscere ai disabili le provvidenze statali in loro favore, sono diventate uno strumento di potere per l’erogazione delle stesse provvidenze a chi disabile non è, magari operando al servizio del politico di turno, che riusciva così ad esercitare il più antico mestiere del mondo, che non è il meretricio ma il clientelismo politico. La mancata indicazione nel provvedimento adottato delle menomazioni del disabile è essenziale per consentire ai falsi disabili di celarsi in mezzo ai disabili veri senza essere scoperti.
Le discrasie nel funzionamento della Commissione Invalidi ha portato sia ad una importante elargizione di pensioni sociali non dovute sia al sostanziale blocco della normativa sull’accesso dei disabili al mondo del lavoro a causa dell’incredibile affollamento delle graduatorie tenute dall’Ufficio Provinciale del Lavoro. Ad esempio a Messina gli iscritti sono migliaia, mentre i veri disabili in cerca di lavoro, ad occhio e croce, non saranno più di alcune decine.
Sul primo punto lo Stato è intervenuto disponendo la reiterazione delle visite mediche in taluni casi (per i titolari di indennità di accompagnamento di età compresa fra i 18 ed i 67 anni ; per quelli di assegno mensile di età compresa fra i 45 ed i 60 anni), con percentuali di sospensione della prestazione di circa il 15÷20 % ; a riprova che dell’irregolarità della precedente assegnazione.
Nel caso delle liste per il lavoro, nulla quaestio: i falsi invalidi truffano in realtà i veri invalidi, ma non tolgono un soldo dalle casse dell’Erario, per cui sono resi liberissimi di farlo da uno Stato che considera come sudditi i suoi cittadini e che non ha alcuna voglia di riformare la prassi della Commissione Medica, introducendo principi di trasparenza, primo fra tutti l’obbligo di valutare e di riportare le effettive menomazioni del disabile. Dunque una opportunità fornita dalla crisi globale è stata così malamente sprecata.