La corsa di Scilipoti

par Fabio Capacchione
mercoledì 6 aprile 2011

Scilipotocrazia.

Pochi giorni fa ho visto una foto che mi ha scandalizzato. Un misto di rabbia e squallore mi ha pervaso ed tuttora persiste. Non è una foto di guerra, nemmeno una di quelle foto che ritraggono bambini africani allo stremo delle forze per la fame. E’ la foto di Domenico Scilipoti, che di corsa entra a Montecitorio per votare a favore del processo breve.

La posizione scomposta, la giacca aperta denotano una persona con poca cura del suo aspetto esteriore ma quello che fa più orrore è che ormai non si cura più nemmeno della sua integrità interiore, di un minimo di dignità che dovrebbe contraddistinguere l’uomo dall’animale.

L’uomo che nel dicembre 2010, con l'avvicinarsi della votazione sulla mozione di sfiducia al Governo Berlusconi, lascia di corsa - ora si può dire - l’Italia dei Valori per determinare la permanenza del premier in carica. Già condannato nel luglio 2009 in secondo grado al pagamento di 200.000 euro e succesivamente indagato per calunnia e produzione di documenti falsi in merito ai debiti contratti, dopo la votazione a favore di Berlusconi, recluta una ventina di immigrati con degli striscioni di sostegno che fa riprendere dalle telecamere dei vari TG. Identificati dalla polizia, gli stessi dichiararono di essere lì per lavoro in quanto pagati dallo stesso deputato per far credere che esista un consenso sulle sue scelte.

Eppure, anche se non conoscessi la nemesi di Scilipoti, la foto mi ha rappresentato la situazione dei

politici che siedono in Parlamento.

Persone pagate oltre che dai nostri contributi, dico nostri intendendo di chi paga le tasse, anche da uno tra gli uomini più ricchi d’Italia che li gratifica, per rimanere aggrappato alla propria posizione che altrimenti rischierebbe, non la galera, per motivi di età, ma sicuramente delle condanne pesantissime.

E tutto questo alla luce del sole, senza nemmeno un briciolo di pudore, a volte con ostentata sfrontatezza a o facendo credere che le scelte, decise dietro lauto compenso monetario o di cariche politiche, siano dettate da una libera convinzione.

La politica è diventata l’opposto della sua natura e la dove la si esercità dei luoghi dove vige l’insulto o aule parlamentari vuote di improgabili impegni televisivi.

Ma il comune denominatore del declino della politica, bipartisan, è l’immenso patrimonio sottratto allo Stato per alimentare la corruzione, la smania di potere; nel tentativo di farci credere che tutti ladri = nessuno ladro e che, in realtà, è solo mancanza di pudore e dignità e una corsa a chi ruba di più.

 


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