Chiude Liberazione: colpa dei "compagni" o dei tagli all’editoria?

par Davide Falcioni
giovedì 29 dicembre 2011

Il primo gennaio il quotidiano di Rifondazione Comunista sospenderà le pubblicazioni. Colpa dei tagli all'editoria. E dalla redazione occupata i giornalisti in "ferie forzate" lanciano un grido di dolore all'editore: "Non abbandonarci". L'intervista di AgoraVox a Francesco Antonini, storica firma di Liberazione.

«Siamo i primi della lista. La prima testa che vogliono far cadere». È Francesco “Checchino” Antonini – storica firma di Liberazione – a parlare da via del Policlinico 131, dove ha sede la redazione, da due giorni occupata dai giornalisti del quotidiano di Rifondazione Comunista che dal primo gennaio «sospenderà cautelativamente» le pubblicazioni.

La vicenda sta avendo un ampissimo risalto tra militanti e simpatizzanti della “sinistra radicale”. Liberazione è il primo giornale che crollerà sotto la scure dei tagli ai finanziamenti pubblici all'editoria. Ma è anche la storia di un giornale abbandonato dal suo editore, il partito, che ha annunciato per voce del segretario Paolo Ferrero di non poterne più finanziare l'uscita in edicola: «Ogni volta – ha detto – costa 8mila euro. E noi, banalmente, quei soldi non li abbiamo. Rifondazione ha fatto sacrifici pazzeschi fin qui per tenere aperta Liberazione, prima della pugnalata nella schiena del governo».

Ma la vicenda sta suscitando molto interesse e soprattutto sulla rete è in atto una vera “faida” fratricida: c'è chi è d'accordo con la chiusura del giornale, spiegando sostanzialmente che è inutile tentare di curare il malato terminale (Liberazione) con una semplice aspirina (i pochi fondi di cui dispone il partito). Dall'altra parte c'è chi solidarizza con i lavoratori che occupano la redazione ed arriva, come il giornalista Ennio Remondino, ad accusare Rifondazione Comunista di tenere un comportamento “padronale” inusuale per un partito che ovunque difende le vertenze dei lavoratori.

In mezzo ci sono i giornalisti, ai quali sono state comunicate le ferie forzate. Francesco Antonini, autore tra l'altro di una coraggiosissima inchiesta sul caso Aldrovandi, è uno di loro.

Francesco, quali sono le ultime notizie dalla redazione occupata?

«Una lettera dell'editore che ci comunica la sospensione cautelativa delle pubblicazioni dal primo gennaio e a tutti noi giornalisti le ferie forzate, in attesa di una convocazione della Regione Lazio per discutere della cassa integrazione. Nel frattempo andremo avanti con l'occupazione della redazione, con due obiettivi chiari».

Quali?

«Il primo è sensibilizzare l'opinione pubblica sui tagli ai finanziamenti all'editoria. Noi siamo i primi a rischiare di chiudere, ma dietro di noi ci sono decine di giornali cui toccherà la stessa sorte. Questo vuol dire migliaia di giornalisti senza lavoro e un colpo mortale al pluralismo».

Ma è vero anche che un governo che taglia ovunque non poteva risparmiare proprio voi. Il finanziamento pubblico all'editoria ha finito per distribuire milioni di euro anche a giornali inesistenti...

«È vero, e noi siamo i primi a volere una severa regolamentazione di questi finanziamenti. Che i soldi si diano ai giornali veri, con giornalisti veri. Anche perché i finanziamenti pubblici sono l'unica strada per garantire un'informazione libera. Se un quotidiano è finanziato solo da pubblicità non è libero: come puoi fare un'inchiesta sull'Eni, o sulla Coca Cola, se il tuo stipendio alla fine del mese sono loro a pagarlo? Ci hanno raccontato per anni che il mercato avrebbe regolato tutto, anche il mondo dell'editoria, ma la verità è che è servito soprattutto ai pesci grossi, ai grandi gruppi editoriali, a discapito di noi piccoli giornali».

Il vostro editore, Rifondazione Comunista, ha dichiarato di non poter più sostenere il costo del giornale.

«Gli amministratori del partito si sono barricati dietro ragioni contabili. Hanno convocato un tavolo ma non hanno voluto ascoltare le nostre proposte: saremmo stati disposti a sobbarcarci altri sacrifici pur di arrivare a fine gennaio, quando il governo Monti avrebbe varato disposizioni sui finanziamenti all'editoria. Tuttavia l'editore ha deciso la sospensione cautelativa delle pubblicazioni dal primo gennaio. Credo sia stato un errore che pagheremo sia noi che loro, anche perché c'è uno zoccolo duro di militanti che sta dalla nostra parte».

Francesco, non credi che comunque una parte della responsabilità sia anche del giornale e di chi l'ha diretto? All'epoca di Sansonetti si maturò un debito di tre milioni di euro, parzialmente ripianato dal nuovo direttore (Dino Greco).

«Certo, non ci sottraiamo, le abbiamo anche noi. È chiaro che la scissione con Vendola o la nascita della Sinistra Arcobaleno hanno influito anche sul giornale, sulla capacità di chi l'ha diretto e di chi ci ha lavorato. La storia di Liberazione e del suo editore vanno di pari passo: quando il partito è stato debole noi lo siamo stati con lui. Ora però dobbiamo trovare una soluzione insieme. Liberazione ha sposato il movimento di Genova del 2001 e dieci anni dopo il Referendum sull'acqua. Possiamo dire che avevamo ragione e che siamo stati il primo quotidiano a sostenere quelle lotte. Non meritiamo di chiudere».

Eppure le prospettive sembrano tutt'altro che rosee...

«Tutto sommato continuo a sperare che si possa riaprire un tavolo con gli amministratori di Rifondazione Comunista. Noi giornalisti rimaniamo a disposizione anche per discutere di come dovrà essere il nuovo Liberazione: un quotidiano online? Un settimanale d'inchiesta? L'importante è che Liberazione continui a vivere per continuare a dar voce alle tante lotte che ci so, e ci saranno, in tutta Italia».


LEGGI: Liberazione sospende le pubblicazioni dal primo gennaio

 


Leggi l'articolo completo e i commenti