La casta inadatta a governare

par Giuseppe Caglioti
martedì 20 ottobre 2009

L’Italia è piena di problemi serissimi, e la casta dei politici continua imperterrita a gestire e ad interessarsi di fatti marginali - e personali - rispetto ai bisogni della massa.
Per l’ennesima volta si deve tristemente constatare che il peggior male del paese sembra essere proprio la sua dirigenza politica.

Siamo ormai in autunno inoltrato, la crisi mostra le conseguenze del suo perdurare, il ceto medio si è impoverito e il ceto basso è in un mare di melma – per non dire altro.


Tuttavia si continua a parlare di un premier sempre impegnato a risolvere le sue rogne personali.

L’opposizione fa finta di interessarsi ai problemi della povera “plebe”, ma in passato ha contribuito anch’essa a creare un siffatto stato di cose.

Signori, siamo all’assurdo!

Il paese brulica di incognite, i cittadini sono quotidianamente oberati da situazioni spiacevoli, la politica con la sua classe dirigente non si occupa di queste cose come dovrebbe.

In poche parole, la classe politica non solo ignora completamente il modo di come risolvere i problemi che assillano la gente comune, ma sembra anche incapace di capirli.

Quale sarà mai l’arcano dilemma?

A questo riguardo, per illustrare in dettaglio ciò che voglio dire, farò un breve accenno a quella che è stata la legge, il cui varo senza le dovute contromisure, ha creato una situazione d’instabilità, precarietà, incertezza e povertà. Sto parlando chiaramente della legge Biagi o Legge 30, la quale ha permesso di rendere flessibile, e soprattutto precario, il mercato del lavoro italiano.

Che il mondo del lavoro avesse bisogno di qualche riforma, era certamente cosa da farsi, ma quello che non si sarebbe mai dovuto realizzare era appunto una riforma che avvantaggiasse solamente il mondo imprenditoriale, i datori di lavoro per intenderci.

Ci siamo trovati, in breve, con i lavoratori della nuova generazione completamente precari, con contratti penalizzanti e senza garanzie, stipendi molto bassi, senza diritti e sussidi in caso di perdita del lavoro per scadenza contrattuale o licenziamento; è ovvio che senza reddito un lavoratore non può andare avanti.

Oso anche dire che il varo della Legge 30 ha creato una situazione anticostituzionale, in quanto il 1° articolo della Costituzione dice, “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro …”; il 4° articolo dice altresì, “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.

È chiaro che i nostri parlamentari conoscono la nostra Costituzione e ci giurano pure sopra. Risulta inoltre chiaro che, visto l’esito della suddetta legge, non la sanno applicare.

Premesso il fatto che sarebbe stato meglio se non fosse stata mai varata, la legge 14 febbraio 2003 n. 30 non è stata affiancata da provvedimenti e leggi che avrebbero dovuto stabilizzare le situazioni di disagio che si sarebbero venute a creare una volta che la legge fosse stata applicata. Questo per l’appunto non è avvenuto, causando la triste situazione del mondo occupazionale italiano.

Come definire una classe politica incapace di prevedere i pericolosi effetti di una legge che, una volta applicata senza le dovute cautele e riforme parallele, ha causato una situazione di precarietà generale e di totale crisi di intere generazioni?

Gli aggettivi si sprecano, ma ne basta uno: ignorante!

E perché mai i nostri parlamentari - o dirigenti politici - sarebbero, in buona parte e politicamente parlando, degli ignoranti?

Sono tali non perché non abbiano studiato, ma in quanto ignorano le reali necessità del paese e della stragrande maggioranza della popolazione, e di conseguenza rischiano di lasciare le azioni intraprese a metà. Come quella succitata.

Secondo la mia modesta opinione, tutta la “casta” politica è caratterizzata da “parziale” rappresentatività.

I cittadini tout court sono rappresentati in essa?

Quasi la totalità di questa - sia nella destra che nella sinistra - non viene realmente dal mondo della gente che si spacca la schiena nel vero senso della parola, molti di loro non hanno conosciuto la gavetta, molti sono politici di professione, altri sono imprenditori, altri pure massoni, molti sono rampolli dell’alta borghesia, alcuni sono figli di papà o di politici, altri super raccomandati che non hanno mai lavorato, altri sono “borghesi” al servizio di altri politici che sono stati premiati con candidature, personaggi dello spettacolo ed arrampicatori, pochi hanno conosciuto la vera vita dell’italiano medio.
Perciò, nonostante la laurea - quando ce l’hanno - non sanno quali siano i reali problemi dell’Italia, semplicemente perché non li hanno mai vissuti. Se pochi di loro li hanno vissuti, se ne sono dimenticati, certamente non li vivono, visto quello che ora guadagnano. Vivono in un mondo dorato e di benessere garantito da discreti patrimoni familiari, ma non vivono vite “da normali plebei”, caratterizzate da problemi seri, e soprattutto non hanno il problema di come sbarcare in lunario alla fine del mese.

Appartengono ad un censo superiore, cosa che non “permette” loro di capire i veri problemi della più grande parte della nazione: il popolo.

Alcuni di loro amano dire che proprio il popolo li ha eletti con il 68% del consenso, quando almeno il 50% degli italiani non ha votato alle ultime elezioni europee, perché semplicemente li schifa.

Tengo a dire che non sono un comunista, e ritengo altresì la dittatura del proletariato un’enorme stupidaggine, ma qui siamo alla presenza di una “dittatura” di alto censo, che non vuole capire la gran parte della massa che l’ha eletta, parla una lingua diversa, vede le cose in modo diverso, non ascolta quello che una gran parte di essa prova a dirle.

Ne consegue che non rappresenta la gente semplice della popolazione che vive, lavora e paga le tasse. In poche parole, questi politici non sono veramente rappresentativi del popolo che li ha eletti - per non parlare di quelli che non votano proprio.

Qualche tempo fa il Presidente del Consiglio manifestò l’intenzione di voler ridurre il numero dei parlamentari, cosa molto negativa, a mio parere, sul piano della stessa rappresentatività.

Perché anziché di parlare di diminuire il numero dei parlamentari, non parlò di diminuirgli lo stipendio con prebende annesse e connesse, omologandolo agli stipendi dei parlamentari europei?

Certamente il suo era un tentativo di consolidare il suo consenso e non quello di abolire i privilegi della sua casta.

Detto ciò, il cittadino medio del nostro paese, stanco dei teatrini mediatici, patisce una cattiva gestione della res publica, anche per il fatto che sia la destra che la sinistra non facciano scegliere tutti i candidati al parlamento in delle elezioni primarie, scelti direttamente dal popolo tra il popolo.

Non sto dicendo che tutti debbano fare politica, ma che la base di elezione debba essere ben più ampia.

Nella sinistra e “affini” i candidati (non sto parlando dell’elezione del solo segretario) sono nominati dal partito in base a convenienze, connivenze e correnti, spesso proveniente da elites politiche, figli di politici medesimi, politici di professione, raccomandati ecc..

Nella destra invece, sulle candidature, c’è il sigillo del padre e padrone del partito in base alle sue “simpatie”, spesso protagonisti dello spettacolo, personaggi provenienti dal mondo “incantato” dell’alta borghesia, spesso senza una reale coscienza politica.

Io personalmente non mi sento rappresentato da questa classe politica “nata con la camicia”, iperpagata, mediatica, dinastica, inadempiente, disinteressata ai problemi veri della nazione, interessata solo ai problemi del suo censo, ... in breve: che non proviene dal "nostro" mondo!

L’Italia, per cambiare, ha bisogno di una classe politica veramente eletta dal popolo, proveniente dal popolo, trattata come il popolo.


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