La bufala dell’energia nucleare

par duccio blog
lunedì 2 marzo 2009

Le recenti decisioni di costruire centrali nucleari in Italia, sembreno essere dettate da scelte economiche sbagliate, più che da reali esigenze di risparmio, facendoci allontanare dai traguardi della riduzione del 20% di emissioni di gas serra e causando un aumento delle spese che ricadranno sui cittadini di oggi e domani.

“Se c’è una debolezza del capitalismo moderno è la sua fame di energia e di risorse naturali… il risparmio energetico è una nuova fonte di energia“.
Se c’è un motivo etico filosofico per cui posso affermare con assoluta certezza di essere contro la ripresa delle politiche a favore delle energie nucleari, risiede in questa affermazione di Umberto Guidoni. Questo concetto semplice ed illuminante lo ho ascoltato tempo fa ad una conferenza del noto parlamentare, astrofisico ed astronauta italiano il quale ha dissertato su inquinamento, risparmio energetico, energie alternative e nucleare. Finita la conferenza ho fatto una chiacchierata con Guidoni per porgli alcuni quesiti e cercare di capire meglio la bufala nucleare.

La costruzione di centrali nucleari fa aumentare il PIL e crea sviluppo, a vantaggio di pochi, ma non progresso, che è collettivo. A fronte di una crescita sostenibile tutta da verificare, si potrebbe ottenere progresso con una decrescita sostenibile limitando danni economici ed ambientali e ridistribuendo vantaggi ai cittadini in termini di salute, servizi, risparmio.

 

Comunemente si afferma che non possiamo fare a meno del nucleare, tuttavia, secondo una notizia di qualche mese fa e riportata da numerose testate, nel nostro pianeta l’energia prodotta con le tecnologie eoliche ha superato quella prodotta con il nucleare. Come si può notare le cose posso cambiare in qualche caso stanno cambiando.

 

Guidoni è uno scienziato, ma anche un politico. Sfata tanti miti e luoghi comuni che il governo e la destra propongono di continuo come fossero cantilene. Sono molte infatti le verità scientifiche che vengono deliberatamente nascoste. Per esempio non è vero che l’Italia ha bisogno dell’energia nucleare, poiché con questa fonte di energia si produce solo quella elettrica senza risolvere la carenza delle altre fonti di energia. Sulla terra sono 440 le centrali nucleari che producono solo il 6% dell’energia totale ed i suoi costi di manutenzione e smaltimento sono altissimi. I recenti casi francesi di incidenti nucleari sono i campanelli di allarme di una tecnologia che può sfuggire di mano.

 

Con le bollette elettriche, a distanza di 20 anni dalla fine del nucleare in Italia, ancora paghiamo i costi di smantellamento, c’è una voce nel conto, controllate pure. Il nostro governo ci porta sempre ad esempio la Francia, ma non la racconta giusta. Il paese d’oltralpe ha 58 centrali nucleari con cui produce il 78% dell’energia elettrica che in totale corrispondente al 16% del fabbisogno energetico totale di quel paese. Il nucleare è una tecnologia complessa e costosa, ereditata dalla guerra fredda, che risponde molto limitatamente alla fame di energia che è alla base dei forti aumenti del petrolio e del gas. Ci dicono che non è costosa, ma viene occultato che la maggior parte della spesa per il nucleare in Francia non è messa nel bilancio energetico ma in quello militare. I costi di bilancio della politica nucleare francese sono occultati nei costi di bilancio militari! In pratica la Francia ha fatto nei decenni scorsi, e sta facendo, ciò che l’UE ha condannato in Iran.

 

Il governo Berlusconi punta sul nucleare per soddisfare gli interessi delle grandi lobby industriali - e dirottare in quella direzione ingenti finanziamenti pubblici - e non certo quelli dei cittadini che avrebbero molto da guadagnare da politiche volte a incentivare il risparmio energetico e la diffusione delle energie rinnovabili: tecnologie moderne e prive di rischi per l’ambiente e per le persone. Ma l’imperativo è uno, investire in grandi opere per far crescere il prodotto interno lordo, questo ovviamente senza considerare i costi, non solo economici, che cadranno sulle generazioni future.

 

Nel 2007 il Consiglio Europeo ha stabilito che gli stati membri devono raggiungere nel 2020 il traguardo della riduzione del 20% delle emissioni dei gas serra ottenendo un risparmio di 60 miliardi di euro all’anno, aumentando però del 20% l’efficenza energetica. E’ il paradigma del “20, 20, 20”. Solo con l’uso di fonti rinnovabili si può aggiungere questo 20%, percentuale di energia che potrebbe essere prodotta con le energie solare, eolico, da biomasse, geotermica, ecc.

 

A parità di ricchezza l’Unione Europea consuma metà dell’energia consumata negli Stati Uniti, e contribuisce al 15% delle emissioni globali. Nel mondo siamo 6,5 milioni di persone, i calcoli per le riduzioni di emissioni di gas dovrebbero essere fatte pro capite e per questo si dovrebbero uniformare le politiche a livello globale. I maggiori consumatori di energia sono le nostre case, seguiti dai trasporti ed infine dalle industrie.

 

L’Europa dipende per il suo fabbisogno energetico per circa il 50% dalle forniture di energia da paesi terzi, con un costo di circa 240 miliardi di euro all’anno. Il risparmio energetico è il primo passo per alleviare in modo rapido ed efficace la dipendenza europea dalle importazioni.

 

Ad acuire di più la situazione europea c’è il dato allarmante che, se non si agisce subito, nel 2030 il 70% della domanda energetica sarà coperta dall’importazione, facendo aumentare in modo insopportabile la dipendenza dall’estero ed i costi energetici che gravano sul vecchio continente. Per questo c’è bisogno di intervenire tempestivamente, mettendo in campo una politica energetica a livello europeo che, per poter funzionare, deve agire in modo rapido ed efficace sulla domanda, ovvero cercando di limitare i consumi e di aumentarne l’efficienza.

 

Se consideriamo che i consumi per la produzione di energia sono i maggiori responsabili dell’aumento di gas serra, ed aggiungiamo il 20% di riduzione rispetto al 1990, il risparmio raggiunto permetterebbe di ottenere il 50% delle riduzioni di emissioni di CO2 necessarie per rispettare i parametri di Kyoto.

 

La Finlandia sta costruendo una centrale di quarta generazione. Aveva previsto il costo di un miliardo di euro, ma poi si sono accorti che il miliardo era raddoppiato. I responsabili della centrale hanno avvertito che il valore dell’energia che riusciranno a produrre con quella loro centrale non riuscirà a coprire neanche la metà dei costi di fabbricazione ed impianto. Le centrali italiane saranno di terza e non ultima generazione.

 

C’è un altro problema, rilevato nei giorni scorsi dalla stampa. I reattori delle centrali nucleari per funzionare hanno bisogno di uranio arricchito, una sostanza estremamente rara il cui prezzo è aumentato ben sette volte negli ultimi anni, le riserve stanno per finire. Per soddisfare la richiesta di energia totale, si dovrebbero costruire in Italia 60 centrali nucleari di quarta generazione le cui opere non potrebbero terminare prima del 2030, e per quella data nessuno sa se ci sarà ancora uranio impoverito ne quanto costerà. Ma anche senza le centrali nucleari italiane, la corsa al nucleare globale raschierà il fondo delle riserve di uranio entro 15 anni appena! Vale la pena aumentare il PIL ora e buttare il pianete dopo?

 

In conclusione: con la ricetta europea che punta su efficienza energetica e fonti rinnovabili, si potrebbe dimezzare la bolletta energetica entro 2020. Nucleare? No Grazie!

 

PS sul territorio italiano esistono ancora 90 testate nucleari non disarmate ma questo è un altra storia!

Per saperne di più: Kyoto Club - umbertoguidoni.eu - Ambiente.TV


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