La Questione Meridionale nell’attuale fase politica

par Bernardo Aiello
martedì 10 agosto 2010

Ha assunto un nuovo rilievo la Questione Meridionale nell’attuale contingenza politica, che vede il disfacimento della coalizione di maggioranza. Sembrerebbe che ad attingere al vasto serbatoio di voti meridionale dovrebbe essere la neo formazione creata dal Presidente della Camera Gianfranco Fini piuttosto che quella dell’attuale premier, troppo vicino alla Lega Nord. D’altra parte quest’ultimo risiede con la sua famiglia nell’esagono brianzolo, nucleo d’origine e di formazione del movimento leghista sostanzialmente anti-meridionale.

 

In tutto questo nulla quaestio sul contesto di degrado del Sud, conformemente all’interesse della classe politica per il Meridione esclusivamente di tipo elettoralistico, denunziato dalla Conferenza Episcopale Italiana.

Di questo contesto, vorrebbe invece, parlare il vostro reporter, ed in particolare del funzionamento dell’apparato repressivo statale, e ciò anche alla luce delle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Genova sui fatti del G8 del 2001. Dopo quasi un decennio è stata accolta giudizialmente la verità sulla macelleria messicana alla scuola Diaz e sono stati condannati i funzionari della Polizia di Stato, che la causarono.

Che ci sia voluto tanto tempo e due gradi di giudizio la dice lunga sull’ossequio del sistema repressivo del nostro Paese alle teorie della Realpolitik e dello Stato inteso come pura potenza, come forza sottratta ad ogni legge che non sia quella intrinseca alla forza stessa. A questo il vostro reporter aggiunge una sua personale considerazione: ove il foro che doveva decidere sulla questione fosse stato sotto la linea gotica, le possibilità di un ripristino della verità in sede giudiziaria sarebbero state praticamente nulle. Questo dice sulla scorta di quanto rappresentato subito dopo i fatti di Genova da soggetti appartenenti al sistema repressivo del profondo Sud, in cui egli dimora: l’ossequio alla Ragion di Stato cresce in maniera esponenziale passando da Roma, a Palermo, ad una qualsivoglia cittadina di provincia meridionale.

Sorge il dubbio che di Ragion di Stato si tratti, quanto piuttosto di una sua forma degenerativa, che dovrebbe essere più opportunamente chiamata Ragion degli Statali; la stessa che, ad esempio, ha portato il signor Franco a diventare compagno di merende di Vito Ciancimino nella Palermo della mafia e del malaffare.

Le conseguenze di quanto sopra sul contesto sociale, civile ed economico del Meridione sono devastanti : uno Stato senza una giustizia fondata sul diritto non può definirsi a ragione uno Stato. Ubi societas ibi jus, dicevano i latini, e lo stesso ha ripetuto Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate.

A questo proposito l’augurio è che, nella prossima Settimana Sociale organizzata dalla C.E.I. a Reggio Calabria, ci sia spazio per parlare delle discrasie del sistema repressivo e delle gravi conseguenze che ne derivano, magari con un richiamo al giusnaturalismo ed alla sua funzione storica di appello, particolarmente sentito in età di crisi, all’incontrovertibilità del valore etico ed alla sua universale efficacia.


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