La Mediazione delegata: la rivoluzione culturale e procedurale dei magistrati

par Stefania Basile
mercoledì 14 novembre 2012

Rivoluzionario è solo colui che saprà rivoluzionare se stesso (Ludwig Joseph Johann Wittgenstein).

Negli ultimi mesi si è assistito ad una vera e propria “rivoluzione” da parte di una nutrita fetta della magistratura italiana, che, dopo un inizio in sordina, ha finalmente preso consapevolezza e coscienza del ruolo fondamentale assegnatole dallo stesso Legislatore nell’ambito del nuovo istituto della mediazione (art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 28/2010), nel necessario processo di innovazione e svecchiamento del sistema della giustizia italiana.

È stato dunque un intenso proliferare di sentenze che invitano le parti in causa ad attivare procedimenti di mediazione per la risoluzione bonaria delle controversie, condannano i comportamenti dilatori delle stesse e danno impulso al nuovo metodo di risoluzione alternativa delle controversie. E così, la mediazione delegata dal giudice, che fino a pochi mesi fa era un punto dolente dell’istituto della mediazione, ha cominciato a diventare un dictat sempre più diffuso tra i magistrati.

Ed oggi più che mai essa è chiamata a rivestire un ruolo ancora più incisivo e di svolta per la corretta diffusione della cultura della mediazione. Si rammenta, infatti, come adesso si stia vivendo un momento particolarmente delicato per le sorti della mediazione obbligatoria, sulla quale in data 23.10.2012 si è pronunciata la Corte Costituzionale (si ricorda come A.P.M. sia stata già parte vittoriosa al TAR Lazio nello stesso procedimento). Ad oggi si resta in attesa del deposito delle motivazioni della suddetta sentenza, in merito alla quale l’Ufficio stampa della Corte Costituzionale ha reso pubblico in data 24.10.2012 un comunicato stampa, che così recita: “La Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del d.lgs. 4 marzo 2010, n.28 nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione”.

Ma vediamo in cosa consiste la mediazione delegata. Come ben noto agli addetti ai lavori, è l’art. 5 del D.lgs. n.28/2010 al comma 2 che fa riferimento alla cd. mediazione delegata, prevedendo un importante ruolo del giudice per l’attivazione di un procedimento di mediazione anche durante lo svolgimento di una controversia in giudizio.

Già a partire dal comma 1 della medesima disposizione, l’intervento del giudice è individuato con riferimento alla garanzia del corretto esperimento del procedimento di mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, prevedendo espressamente che l’improcedibilità debba essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Infatti, continua la norma, “il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione”.

Venendo al comma 2, che in modo dettagliato chiarisce il significato della cd. mediazione delegata, si prevede quanto segue: “Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può invitare le stesse a procedere alla mediazione. L’invito deve essere rivolto alle parti prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all’invito, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione”.

Appare evidente, dunque, quale ruolo fondamentale abbia la figura del Giudice, a cui il Legislatore affida la responsabilità di invitare le parti all’attivazione di un procedimento di mediazione. E questo anche in grado di Appello, a seguito di una sua preventiva valutazione dei precisi presupposti stabiliti dallo stesso Legislatore, (sempre indicati nel citato art. 5, comma 2), ovvero la natura della causa (per l’accesso alla mediazione il contenzioso deve vertere su diritti disponibili (art.5, comma 1)), lo stato dell’istruzione (è inverosimile proporre alle parti il tentativo della via stragiudiziale ad istruttoria conclusa) e il comportamento delle parti (il Giudice può valutare la effettiva opportunità di riuscita di un procedimento di mediazione, in più ha gli strumenti (sanzionatori) per impedire eventuali comportamenti dilatori delle parti).

Dunque il suo invito alle parti a procedere alla mediazione è il punto di partenza di tale procedimento, il cui seguito è ben noto e sul quale non ci si sofferma. Chiariti dunque i punti essenziali e caratterizzanti della mediazione delegata, si suggerisce la lettura di alcune delle sentenze più significative emesse negli ultimi mesi dai giudici italiani, che hanno dato un notevole slancio alla mediazione delegata e che potranno fornire interessanti punti di riflessione al lettore. Si invita pertanto alla consultazione del link.

Si conclude con l’augurio che la mediazione delegata divenga giorno dopo giorno uno strumento sempre più operativo e diffuso, che accompagni il cittadino lungo la strada del “cambiamento”, garantendogli un nuovo e più efficiente sistema di giustizia italiana, sempre più vicino ai suoi bisogni ed ai suoi interessi.

Coloro che non riescono a cambiare le loro menti, non riescono a cambiare nulla (George Bernard Shaw).


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