La Grecia che resiste combatte anche per noi…

par Antonio Moscato
domenica 5 luglio 2015

L’obiettivo della disinformazione di massa sulla Grecia non è solo far rimbalzare tra i greci la convinzione che tutta l’Europa sarebbe inorridita dalla loro pretesa di decidere da soli la propria sorte, bombardandoli con dichiarazioni in tal senso di sedicenti esperti come Juncker (che di una sola cosa è esperto davvero: come pilotare gli affari in uno dei più vergognosi paradisi fiscali, il Lussemburgo, dove finiscono i miliardi rubati alla Grecia e a tanti altri paesi “indebitati”).

Vuole ammonire chi pensasse di seguire la stessa strada e rifiutasse il potere assoluto dei capitali sulla vita degli esseri umani: “finirete come i greci…”. Il titolo più significativo della campagna è quello de “la Stampa” del 3 luglio su molte colonne in prima pagina: "Se la Grecia esce ci costerà 1.000 euro a testa". Ma in forma più o meno efficace, e con conteggi vari tutti i grandi quotidiani borghesi sparano cifre sugli effetti catastrofici del referendum: “Il voto costa ai greci il 2 per cento del Pil". "Il referendum 'gela' l'economia: a rischio 3,5 miliardi. Per gli esportatori greci un danno da ottanta milioni a settimana". "Mercati in scacco: Milano a -1,43, spread a 149”. E Luca Ricolfi conclude saggiamente sulla difensiva l’editoriale dell’organo confindustriale: "Ma siamo sicuri che è tutta colpa dell'austerità?".

Per carità! L’argomento dei 1.000 euro a testa è il più insidioso, ma non è nuovo, era già stato sparato in passato con cifre diverse. Eppure sarebbe facile controbatterlo domandando a chi lo ripete come un pappagallo nei caffè o nelle code di fronte alle nostre poste (dove spesso, senza che siano annunciati gli stessi rischi della Grecia, si vedono pensionati in attesa inquieta già un’ora o anche due prima dell’apertura), se ha mai prestato non dico 1.000, ma almeno 5 o 10 euro “ai greci”, e se ha mai saputo che almeno qualche centesimo sia arrivato nelle loro tasche.

I cosiddetti "prestiti" sono arrivati da banche a banche (e le banche come i capitali non hanno nazione), e sono in genere tornati alle banche di partenza sotto forma di pagamento di interessi sul debito precedente. Il 90 o 93% dei prestiti recenti non sono mai neppure passati sul suolo ellenico, ma direttamente girati da una banca di Francoforte a un’altra, o a una di Parigi o di Milano.

Sarebbe facile spazzare via le menzogne di questi cinici pennivendoli ricordando che la catastrofe che ha travolto milioni di greci non è stata provocata dalla vittoria elettorale di Syriza ma al contrario la precede e la spiega: oggi sulla TV di Stato italiana si piange ipocritamente sui bambini e sui vecchi senza medicine, fingendo di ignorare che da diversi anni era stata denunciata questa tragica situazione (anche in inchieste condotte da medici di vari paesi) e che Syriza non si era limitata a denunciare, ma aveva organizzato nei quartieri e nei paesi diverse risposte dal basso alla crisi sanitaria con ambulatori sociali e farmacie solidali basate sul lavoro gratuito di molti sanitari.

Per questo a gennaio aveva avuto quel successo inatteso. I tagli alla sanità e alle pensioni miserrime degli ultimi 3 o 4 anni sono stati imposti dai funzionari di questa infame casta di affaristi che hanno preso in appalto l’Europa e che in spregio a ogni criterio di rappresentanza hanno dettato legge a tutti i governi servili che ad Atene hanno preceduto quello guidato da Tsipras. Oggi sono loro a guidare la campagna di calunnie e a ricattare gli elettori assicurando che solo il successo del "Sì" farà riaprire le banche che proprio loro hanno fatto chiudere negando il minimo approvvigionamento di euro.

Le ricette della trojka, e di tutti i miliardari senza onore e meriti che parlano a nome dell’Europa, o dei grandi capitali gestiti dal FMI, sono già state sperimentate e hanno già ridotto in miseria almeno un terzo dei greci. Ho detto che “sarebbe facile spazzare via le menzogne”, ma ho dovuto usare il condizionale. La sinistra è ridotta ai minimi termini, e sembra incapace di fare una campagna capillare e quotidiana per rispondere a un’offensiva propagandistica che pure non vuole colpire solo la resistenza dei greci, ma lancia un avvertimento a chiunque pensi di volere un mondo un po’ meno ingiusto: “se ci provate a seguire l’esempio di Syriza, vi distruggeremo come stiamo tentando di rovesciare il governo Tsipras”.

Forse non ci riusciranno, ma sarà merito esclusivo dei compagni greci, che hanno lottato finora in un tremendo isolamento: solo il governo della lontana Argentina ha espresso la sua solidarietà, ricordando le sue vicende di 15 anni fa con il debito, il suo successo di allora, e i nuovi pericoli rappresentati dall’offensiva dei “fondi avvoltoi”. Nel resto dell’America Latina c’è perfino chi riprende le infamie opportuniste del KKE che continua a mettere sullo stesso piano – con argomenti pseudorivoluzionari - il governo di Tsipras e gli esponenti dell’imperialismo europeo.

Anche la Cina ha espresso solo un ambiguo invito a “mettersi d’accordo” rivolto alle due parti, auspicando che la Grecia rimanga nell’euro, invito che quanto a inutilità fa il paio con quello del papa a “pregare per la Grecia”, mentre poteva dire almeno che togliere il pane di bocca ai pensionati da 400 euro mensili e negare le medicine a ospedali e ambulatori è un peccato imperdonabile!

Ma la banalità della perorazione di Francesco è piaciuta a Vendola, che l’ha portata come esempio. La sinistra italiana è stata come al solito debolissima, non solo rispetto a quella della Spagna ma anche della Germania, in cui non solo Die Linke, ma anche i verdi si sono impegnati al fianco di Atene. Venerdì in Italia ci sono state, finalmente, alcune decine di manifestazioni. Indubbiamente è meglio di niente, faranno quel che si può con questo ritardo di mesi, in cui è stata scarsissima l’informazione sulla natura dello scontro anche interno a Syriza.

Oggi, come al solito, alcuni esponenti della nostra sedicente “sinistra” andranno ad Atene, come il giorno delle elezioni, a sventolare bandiere e a tifare per i nostri “gladiatori”, soli nell’arena...

 

Nulla rende meglio il senso della loro inutilità.


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