La Concordia è dritta: ma c’erano delle alternative

par Cesarezac
martedì 17 settembre 2013

L’operazione di rotazione e raddrizzamento della Costa Concordia che, ricordiamo, è una delle navi più grandi del mondo, lunga poco meno di trecento metri, molto più grande del Titanic, si è felicemente conclusa per quanto riguarda la prima fase.

È stato un gran successo per il quale dobbiamo congratularci con tutto lo staff impegnato nella difficile impresa. Ognuno di loro ha dato ampia dimostrazione d’intelligenza, professionalità, capacità organizzative. In primis il prefetto delegato all’emergenza, Franco Gabrielli, poi gli ingegneri, gli esperti ambientalisti delle università e soprattutto, Nick Sloane, il massimo esperto mondiale di recuperi di relitti di navi affondate, un sudafricano appassionato del suo lavoro con trenta anni di esperienza.

Il Paese ha lavato almeno in parte, l’onta di un disastro causato da personaggi irresponsabili, cialtroneschi e incapaci. Il plurale è d’obbligo in quanto, se il comandante Schettino è indubbiamente il principale colpevole, nella vergognosa vicenda, sono coinvolte altre figure professionali, i dirigenti della Costa per avere affidato le vite di oltre quattromila persone ad un irresponsabile, la colpevole inerzia dimostrata sin dai primi momenti della tragedia, inerzia che ha coinvolto anche il comandante De Falco della locale Guardia Costiera.

Il più è fatto, la nave è saldamente poggiata sulla piattaforma all’uopo predisposta, ma l’operazione potrà dirsi conclusa solamente quando sarà trasportata a Piombino dove si provvederà alla demolizione. Nell’immediato, si cercheranno le salme delle due vittime che ancora mancano all’appello. I costi dell’operazione in questa prima fase ammontano a ben 560 milioni di dollari. Quanto costerà il trasporto e lo smaltimento dei componenti della nave ancora non è quantificato, ma certamente saremo su cifre di enormi dimensioni.

Erano ipotizzabili alternative a questa operazione? Forse, sì. Un’alternativa rapida, molto meno costosa sarebbe stata percorribile: liberare la nave dall’aggancio con lo scoglio facendo detonare cariche esplosive, dopodiché lasciarla scivolare nel profondo fondale antistante, magari agevolandone la discesa con una spinta iniziale data da adeguati martinetti idraulici. Una volta adagiatasi sul fondo, la nave si sarebbe rivelata un habitat ideale per la riproduzione e protezione delle specie ittiche la cui sopravvivenza è ora minacciata dalla pesca intensiva che vede i mari sempre più spopolati, a beneficio dei pescatori del Giglio. Non sarebbe la prima volta che si ricorre a questo sistema per favorire la riproduzione del pesce.

La visita di relitti di navi affondate è una meta d’obbligo per gli appassionati di immersioni subacquee che possono testimoniare come quei relitti brulicano di pesci di ogni tipo e dimensione. Inoltre, con una piccola parte dei denari risparmiati si sarebbe potuta fare un’elargizione una tantum, ad esempio di 100 mila euro a ciascuno, dei circa mille e quattrocento abitanti del Giglio a titolo di risarcimento danni e non si sarebbe dovuto pazientare per oltre un anno e mezzo ad oggi per liberare il Giglio dall’ingombro, impresa ancora in itinere. 

 

Foto: Wikimedia


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