La Campania ha già la sua Fukushima

par Rodolfo Buccico
giovedì 28 aprile 2011

Quella che a ragione viene vista come una minaccia attuale e prossima futura per la salute di tutti gli esposti alla nube radioattiva giapponese rappresenta una delle espressioni più devastanti dell’inquinamento ambientale, frutto di una concezione del progresso che include la logica del rischio.

A vario titolo l’uomo si prodiga per sviluppare nuovi mezzi che possano accrescere la potenza energetica, la produzione ed il profitto cercando di trovare la quadra tra sviluppo e sostenibilità ambientale. Questo a ben vedere è uno sforzo collettivo che le società avanzate compiono, lasciando per strada macerie e vittime al fine di portare innanzi le “sorti umane e progressive”.

In Campania si è fatto di meglio: senza aggiungere un grammo di valore aggiunto per i cittadini di oggi e per coloro che verranno, si è assistito ad un progressivo disfacimento dello stato civile persino nel vedere le cose, qualcosa di simile ad una disgregazione che ha condotto ad un tessuto sociale atomizzato. L’obiettivo sotto soglia dei microinteressi è stato quello di spingere la gente a concepire normale ed accettabile la sopraffazione quotidiana, l’immorale pensiero e quanto di abietto c’è nella gestione delle comunità per il proprio tornaconto. In un contesto di tal genere si scopre che l’arsenico ed i suoi composti arricchiscono le falde acquifere ed i rubinetti, la diossina tipo Seveso si accompagna ad una buona mozzarella ed alle verdure fresche, il mercurio che l’Unione Europea ha bandito persino dai termometri lo si ritrova in alte concentrazioni in paesoni grandi come Giugliano e Qualiano, il PCB, giusto per gradire, fa la sua bella presenza nel Nolano ed il buon vecchio piombo non sta certo a guardare.

Sostanze, che come si sa, “non fanno bene alla salute”, che si iscrivono in parte alla triste classificazione dei cancerogeni; il tutto è condito dall’accettazione dello stato di cose, quasi assumendo come ineluttabile un destino di morte: sociale, civile, culturale e morale. Alla fine c’è solo questo.


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