L’ultimo partigiano

par Riciard
venerdì 24 ottobre 2008


La scomparsa di Vittorio Foa mi riempie di tristezza.
Per quanto il suo nome non sia noto a molti, è un lutto che dovrebbe ammantare di silenzio tutta la penisola.

La scomparsa di Vittorio Foa mi riempie di tristezza.
Per quanto il suo nome non sia noto a molti, è un lutto che dovrebbe ammantare di silenzio tutta la penisola.

Abbiamo perso uno tra i pochi ideatori e fautori della resistenza, abbiamo perso uno dei pochi veri partigiani, abbiamo perso una memoria e coscienza storica di lucidità inattaccabile.

Vittorio Foa è morto, e il solito strombazzare di chi c’è ancora e cerca di porgere gli ultimi falsissimi ossequi è iniziato. Chi ha voce non perde mai tempo ed occasione per stare zitto. C’è da chiedersi perchè una persona tanto illuminante, pacata e ragionevole non sia mai stata invitata nei salotti "in" della televisione, che so, da Vespa ad esempio.


Vittorio Foa è morto due giorni fa, e intristito, mi sono chiesto come volgergli due parole di saluto e ringraziamento. Ho pensato che forse l’unico modo giusto di farlo fosse attraverso le sue parole, di inaudita forza e saggezza.


"Vi sono anche altre tentazioni di lettura di insieme di questo Novccento. Lo si rappresenta come il conflitto ideale fra grandi principi, fra democrazia e totalitarismo, fra capitalismo e socialismo, fra sviluppo e sottosviluppo. In un modo o nell’altro un conflitto fra Bene e Male. Come non esservi coinvolto se vi si è stati in mezzo? E’ una tentazione facile perchè esonera dall’analisi dei fatti, si galleggia tranquilli in nozioni generiche delle quali non c’è nulla da dimostrare: tutti sanno cos’è la democrazia, cos’è il capitalismo e via dicendo. Nella lettura ideologica del secolo c’è pigrizia, rinuncia a pensare. Ma vi è anche la nostalgia, il rimpainto della giovinezza, dei tempi dell’azione, quando ideologie e miti davano sicurezza all’agire umano, prima di entrare in questo oceano magari calmo e persino lattiginoso ma carico di insicurezze. E’ la nostalgia delle grandi passioni, a sinistra la nostalgia antifascista e (su una dimensione temporale più lunga che copre tutto il secolo) la nostalgia comunista. Io rispetto quelli che si sentono orfani, molti di essi li stimo. Ma perchè non sentono con altrettanta forza le passioni e le tensioni di oggi coi loro conflitti che ci chiedono scelte di valore? Perchè farsi prigionieri della memoria, come se i nodi da sciogliere oggi fossero gli stessi di ieri? Perchè non capire che la memoria non è prigione ma è libertà solo se rielabora i valori del passato nel presente, in vista del futuro? Ma vi è anche un’altra nostalgia che è pericolosa, è quella revisionista che cerca di giustificare Hitler e il nazismo. I fatti non sono cancellati ma sono collegati in modo da falsarne il senso (...)"

"Mi è stato chiesto un augurio, anche solo un consiglio. Lo do: è di stare svegli, non abbandonarsi ai sogni. So il valore del mito, so come riesce a dare luce alla vita, anche a farcela capire. Ma non devo accettarlo come autorità che trascende la mia scelta. Può accompagnare la vita, non deve determinarla. Quando scegli non devi sognare, tu sei responsabile."

Vittorio Foa, Questo Novecento


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