L’ultima lettera al signor Giorgio Napolitano, Presidente pro-tempore della Repubblica Italiana

par Marvin
venerdì 12 aprile 2013

Signor Giorgio Napolitano, Presidente pro-tempore della Repubblica Italiana, come Lei, anch’io ho rivestito, dal 2006 al 2013, la carica di Presidente, ma non di uno Stato, solo di una piccola associazione di volontariato sociale, culturale e ambientale, in un piccolo paese alle falde del Vesuvio, Boscoreale.

Ogni tanto rileggo con piacere la prima lettera che voleva essere come un messaggio nella bottiglia lanciata nel mare della nostra vita, e si intitolava “Prima di andare via”.

Le ho inviato innumerevoli missive con richieste di aiuto, e di questo Le chiedo scusa per averla troppe volte importunata.

Essa voleva anche essere un messaggio alle mie figlie, ai loro amici e a tutti quelli che se possono, scappano da Boscoreale e molto spesso anche dall’Italia.

In questi sette anni ho sempre cercato di lottare con tutte le mie forze per dare il mio contributo alla crescita sociale e culturale della mia comunità, e come in tutti i contesti in cui l’uomo opera e qualsiasi ruolo rivesta, l’unica cosa che può dare la misura e il valore del suo operato sono i fatti. Noi tutti siamo come degli alberi e i frutti sono le nostre azioni, e quindi solo da esse si può riconoscere la qualità dell’albero.

In questo momento di grave crisi economica, non si vede nulla di buono all’orizzonte, tutti quelli che hanno potuto, hanno arraffato ciò che potevano, in special modo coloro che arbitrariamente hanno effettuato, senza nessun controllo, il cambio perfetto lira-euro, e cioè hanno sostituito in pochissimi anni le mille lire con un euro, sia per le prestazioni che per i prezzi.

I pochi o tanti risparmi dei cittadini a reddito fisso, ossia pensionati e dipendenti, sono stati intaccati per fare fronte agli aumenti sconsiderati di prezzi e tariffe.

La maggior parte della liquidità e dei beni sono confluite nelle mani di un 15% della popolazione, che non potendo consumare quanto il restante 85%, ha di fatto paralizzato l’economia.

Partendo da questa considerazione, non essendo io un economista, ma un semplice cittadino, pensavo che si potrebbero forse individuare quali sono le categorie che hanno accresciuto in maniera esponenziale la loro ricchezza, quindi prelevarla in maniera equa e ridistribuirla a chi è nel bisogno e cercare così di rimettere in moto il motore della barca Italia, oggi alla deriva.

Cordiali saluti da un uomo che, nonostante tutto, ha sempre sperato in un futuro migliore e che per destino o per scelta, non ha lasciato il paese natìo.

Con Osservanza,

Un cittadino.


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