L’opposizione a Morsi: tende bianche a Tahrir, fuochi altrove
par Enrico Campofreda
mercoledì 28 novembre 2012
Tornano le tende bianche a Tahrir e le immagini della manifestazione antiMorsi (gli organizzatori parlano di 100mila presenze) girano accanto a quelle Ahmed Gomaa, fotogiornalista d’un quotidiano privato e di Mohamed Qamash, cronista del periodico Al-Siyasi, ferocemente picchiati nei giorni scorsi perché raccontavano, chi con gli scatti chi a parole, gli scontri di venerdì 23. Ad altri è andato molto peggio. Gaber Salah del movimento 6 Aprile è morto domenica per le ferite riportate durante la battaglia delle pietre avvenuta in occasione della due giorni di protesta che era montata per l’anniversario delle vittime di Mohamed Mahmoud Street del 2011. Lunedì s’è svolto il suo partecipatissimo funerale.
Testimoni sostengono che le Forze dell’Ordine hanno evitato d’intervenire anche quando gruppi di manifestanti appiccavano incendi. La polizia ha invece sparato lacrimogeni a Damanhour nella zona del Delta del Nilo disperdendo la folla. La tivù di Stato sostiene che l’Intelligence sta studiando strategie per evitare uno spostamento dei contrasti sul terreno d’una violenza aperta che il Paese aveva accantonato da un anno.
Si riferisce alla volontà di non ritirare la Dichiarazione, per quanto il vicepresidente della Confraternita El-Erian dichiari che questa mossa sarà a breve superata dalla presentazione della Carta Costituzionale. Ma il passaggio appare un circolo vizioso perché quella Carta il fronte laico non vuole riconoscerla. I vertici militari auspicano un superamento della crisi e desiderano tenersi fuori da qualsiasi coinvolgimento, anche per non essere accusati di sostenere il governo come ai tempi di Mubarak. Certe voci sottolineano che il disimpegno sia tutt’altro che disinteressato: diventa una vendetta postuma per le purghe ricevute nell’estate.
In questo clima questioni tuttora irrisolte riaffiorano come un fardello pesantissimo che rientra nell’elenco delle rivendicazioni. Problemi accennati nei mesi scorsi: soluzioni sociali da apportare al disastrato sistema dei servizi (acqua, inquinamento, traffico, sanità) e naturalmente la diffusissima disoccupazione.
Lo scoglio resta, Morsi l’ha constatato ma ha spostato su una questione addirittura più ostica la sfida agli oppositori. Eppure i politici di rango dell’area islamica che ritengono un grave errore tattico ostinarsi a difendere la Dichiarazione Costituzionale sono moltissimi: Abol Foutuh, il giurista El-Bishri, l’esponente del sindacato dei giornalisti Abdel Qodous, l’attivista El-Hodeibi. Lanciano l’ennesimo monito amichevole. Forse l’ultimo.