L’opinione pubblica esiste ancora? Parola ad Ezio Mauro

par Rosa Pastena
sabato 4 aprile 2009

E’ questo il titolo dell’incontro, che vede confrontarsi Ezio Mauro direttore de La Repubblica da un lato e Javier Moreno, direttore di El Pais dall’’altro.

La velocità con cui vengono fornite informazioni ad oggi, non lascia il tempo per la cosiddetta " sedimentazione" alla base dell’opinione pubblica. Le notizie provengono da qualsiasi fonte ed in qualsiasi luogo, in tempo reale.

Sta ai cittadini scegliere dove e come reperire le informazioni. E se reperirle.
Un cittadino non informato, gode di tutti i diritti garantiti dalla democrazia. Ma la differenza è di tipo qualitativo. E’ la presenza di cittadini consapevoli a fare in modo che la democrazia sia di qualità.

Qual è a questo punto il ruolo dei media, e dei giornali in particolare, nella formazione dell’assopita opinione pubblica?

Abbiamo girato la domanda al direttore Mauro.

I giornali come possono rispondere alla “crisi” dell’opinione pubblica?

I giornali devono rispondere agitando le idee e criticando il potere, stimolando il sistema politico italiano a diventare efficiente a ritrovare un contatto coi cittadini rispondere alle domande che vengono dai lettori. Questo è il ruolo tradizionale.

Il problema è che il paese sappia che un conto è genericamente informatti e una cosa è essere consapevole dei fatti che si vuole padroneggiare,

Per avere un’informazione organizzata che vada al fondo dei problemo metta in luce gli interessi occulti o palesi che sono in campo, che dia la parola ai protagonisti che recuperi gli antecedenti che si proietti sulle conseguenze. Tutto questo è la funzione specifica del quotidiano e ciò che rende il cittadino ben informato. E anche ciò che rende una democrazia, una democrazia di qualità.

Questo può accadere anche tramite un giornale non cartaceo?

Credo che stiamo vivendo una fase di passaggio e trasformazione, e quindi contraddittoria. Superata questa fase si andrà ad un sistema integrato sette giorni su sette, dove i siti del giornale veicolano il nastro del giornale, poi una volta al giorno arriva l’organizzazione su carta che riordina tutte le notizie includendo, oltre a ciò che abbiamo detto prima, anche i servizi speciali del giornale. Restituendo il piacere della bella scrittura e buona lettura.

Credo che si andrà a un sistema di questo tipo in cui giornale e sito si completeranno a vicenda. Ci saranno lettori specifici dell’uno e dell’altro e lettori che si muoveranno sull’uno o sull’altro a seconda dei momenti della giornata.

Cosa ne pensa del Citizen Journalism?

Credo che nel nostro paese siamo ancora agli inizi: c’è da parte dei cittadini una voglia di rompere le barriere e partecipare. Già oggi, la funzione dei siti internet dei giornali è un lavoro che ha una funzione di andata e di ritorno; gli articoli vanno sul sito ed è lì che ai cittadini viene chiesto di partecipare o intervenire e spesso questa raccolta viene portata sul giornale che opera con una sua costruzione autonoma, coi materiali che sono partiti dal giornale sono andati sul web hanno incontrato le opinioni dei cittadini, le hanno organizzate e sono tornati sul giornale come prodotto autonomo.

Anche il giornalismo di carta deve tenere conto che è finita la stagione del pulpito, si è passati da un’informazione verticale a una di tipo orizzontale. Fase dell’assemblea, cosiddetta. Fase in cui il giornale mette in campo delle opinioni ed è anche aperto nei confronti dei lettori, attraverso le indagini che fa sulle esigenze dei cittadini e l’interattività del suo sito web.

Pensa che l’agenda di Repubblica riesce a contrastare quella che è l’agenda imposta dai media berlusconiani?

Repubblica non deve svolgere una funzione politica: la si svolge, in senso indiretto, se si fa bene il nostro mestiere. E’ la funzione che ci spetta e che ci tocca. Non mi sfiora l’idea di trasformare Repubblica in un attore politico, mi interessa di dare ai lettori un’informazione completa che li aiuti a padroneggiare le vicende con le quali devono confrontarsi giornalmente e districare il bandolo nel grande disorientamento in cui si trovano adesso, dare un orientamento più culturale che politico. Ad esempio credo che il populismo italiano impersonato dal leader della destra Silvio Berlusconi, sia una cosa che può affascinare in campagna elettorale ma non è lo strumento elettorale e politico più adatto a governare una democrazia moderna in occidente oggi, soprattutto in tempo di crisi.

 


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