L’omeopatia non funziona. Molti la confondono con la fitoterapia.

par Iaia Leone
venerdì 13 marzo 2015

Arriva la notizia che, secondo uno studio australiano, l'omeopatia è inefficace. Molti la difendono, ma spesso la confondono con la fitoterapia. 

Il Corriere della Sera titola così: "Report australiano: «Omeopatia inefficace in ogni malattia»". Secondo uno studio condotto dal National Health and Medical Reseach Council, organismo australiano per la ricerca medica, i preparati omeopatici sarebbero equivalenti all'acqua zuccherata. Niente di nuovo. 

Ovviamente, in tanti si sono pronunciati a sfavore dell'indagine e l'articolo riporta le voci di medici omeopati che sostengono non si tratti di uno studio scientificamente attendibile.

Ma al di là della notizia in sé, quel che è più interessante sono le reazioni dei lettori. In coda al post pubblicato su Facebook dalla testata nazionale, si è subito sviluppata una lunga diatriba tra chi scrive "lo avevo detto" e chi risponde "su di me funziona" e ancora diverbi tra i "guarda dove arrivano gli interessi delle case farmaceutiche" e l'obiezione "beh, pure multinazionali come la Boiron qualche ritorno economico lo hanno". 

Quello, che più stupisce, è che la maggior parte di coloro che si schierano a spada tratta a favore dell'omeopatia, non sanno cos'è. Per sostenere che i preparati omeopatici funzionano, si argomenta con frasi del tipo "i miei nonni si curavano con la malva", "l'echinacea è efficace", "io uso estratto di mirtillo per la cistite", e così via. Vero, verissimo. Ma sono tutti fitoterapici e con l'omeopatia non c'entrano nulla. 

La fitoterapia (dal greco phytón-pianta e therapéia-cura) è l'antenata della farmacologia odierna, che sviluppa in laboratorio medicinali basati sui principi curativi di piante, erbe e fiori. Non solo. Tinture, decotti, estratti sono tutti rimedi dalla storia antichissima, sopravvissuti al vaglio della scienza e della sperimentazione moderna e alle radici della medicina come la conosciamo noi oggi. Nessuno sostiene che non funzionino, anzi. 

Ma l'omeopatia è tutt'altra cosa: il termine deriva dalle parole greche omos-stesso e pathos-malattia, sofferenza. La disciplina, fondata dal medico tedesco Samuel Hahnemann a fine Settecento, si basa sul principio di similitudine del farmaco, secondo cui ogni patologia va curata con quella sostanza che, in un soggetto sano, provoca la stessa sintomatologia presentata dal malato. Somministrando al paziente questa sostanza a basse dosi, si stimolano le difese immunitarie del corpo, portandolo a guarigione. E le sostanze sono tra le più disparate: non solo pulsatilla e calendula, ma anche zinco, fosforo, oro, carbonato di calcio, cloruro di sodio (sale da cucina), zolfo ecc. ecc. 

Sull'efficacia o meno dell'omeopatia si è discusso ampiamente. I problemi principali sono due: le diluizioni a percentuali bassissime del principio attivo, che fanno sì che il preparato sia costituito sostanzialmente di acqua (e difatti uno dei pilastri della terapia omeopatica è la memoria dell'acqua); l'impossibilità di distinguere l'efficacia del rimedio omeopatico da quella di un comune placebo (succede anche con i farmaci tradizionali, durante i trials in doppio cieco, e, se succede, il farmaco non viene commercializzato). 

Ultima cosa: molti preferiscono i farmaci omeopatici perché non hanno effetti collaterali. Anche questo dovrebbe insospettire: solitamente, qualcosa -qualsiasi cosa- che non ha effetti collaterali, non ha effetti tout-court. E per ribadire la differenza con la fitoterapia, urge ricordare che invece erbe e simili hanno molti effetti collaterali, se non si usano nelle giuste dosi e con un'adeguata competenza. 

In conclusione: si può discutere e riflettere su cosa voglia dire curare, su cosa sia un farmaco e su come, ognuno di noi, possa o non possa decidere lquali terapie assumere. Ma almeno si tenga ben presente la differenza sostanziale, abissale, incolmabile tra omeopatia e fitoterapia, e non si difenda una pensando sia l'altra. 

Immagine: Wikipedia


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