L’occasione che stiamo perdendo

par Emilia Urso Anfuso
giovedì 28 marzo 2013

Politica, Sanità, Pubblica Amministrazione. Lo Stato. Le grandi imprese. Il mondo della Finanza. Non esiste un solo ambito che non ci abbia mostrato la parte peggiore. Un settore che non abbia fatto scoprire scandali, furti, appropriazioni indebite, collusioni con tutte le grandi organizzazioni malavitose.

Pure la Chiesa, nei secoli dei secoli, ha pensato bene prima di occultare e poi render nota la parte peggiore di sé. Ora c’è Papa Francesco che ci farà dimenticare tutto, occultando nuovamente ciò che da sempre era occulto. Ma – come dicono alcuni – questa è un’altra storia.

La rabbia scaturita da questo enorme “outing” gestito dalle inchieste che – a onor del vero – hanno colpito più o meno tutti e tutto è servita inizialmente a bloccare quella tendenza molto italiana a far spallucce agli inciuci, a farsi “i fatti propri” dimenticando spesso o facendo finta di non sapere, che la collettività e gli affari che la comprendono, sono fatti di tutti.

Persino i tanto vituperati dossieraggi, utilizzati a piene mani dai partiti politici col solo intento di mettere in guardia chi di dovere, hanno consentito ai cittadini di aprire gli occhi. Certo, volenti o nolenti. Molti erano nolenti in ogni caso, e molti lo sono ancora. Lo conferma ad esempio, l’affezione che – malgrado tutto – molti cittadini continuano a manifestare nei confronti di personaggi che già da tempo dovrebbero essere domiciliati presso le patrie galere o giù di li…

Un enorme boato, e il sistema è crollato. Malgrado ciò, esiste e tiene botta. Tanto che ancor oggi, nonostante le inchieste, le condanne, l’aver sollevato casi – anche giornalisticamente parlando – e l’aver divulgato inchieste e informazioni su quasi tutti i personaggi di spicco nel nostro Paese, costoro sono ancora li, abbarbicati con sempre più tenacia a quelle ultime spire di un potere di cui forse si intravede una sorte di fine.

Potenzialmente, oggi abbiamo più possibilità di far crollare del tutto i vecchi sistemi. Potenzialmente. Diciamo che abbiamo le basi, le fondamenta su cui costruire un nuovo modo di intendere e volere il sistema. Senza mai dimenticare che, allo stato attuale, abbiamo comunque - più o meno - lo stesso parterre che ha composto il sistema che vorremmo veder sovvertito.

Abbiamo dovuto attendere qualche anno addirittura per poterci consentire di parlare di crisi e di vedere se da questa crisi, per alcuni nel tempo frutto di fantasie, si possa uscire illesi. Si è dovuto sopportare che la crisi finanziaria venisse a distruggere solo le persone cosiddette “comuni” mentre le dirigenze continuavano e in certa misura continuano, a guadagnare cifre ambigue che non corrispondono agli allarmi e nemmeno alle misure imposte dai governi nazionali e dalla Comunità Europea.

Un qualche merito va dato a chi, con metodi alquanto “duri”, ha tentato di spodestare i vecchi sistemi ed i vetusti poteri. Per scoprire l’inganno: chi urlava voleva solo divenire IL potere.

Sta di fatto che, vuoi per salvar la faccia vuoi per non creare uno stato di guerriglia urbana che altrimenti avrebbe condotto le dirigenze a doversi ben guardare alle spalle e temere un ritorno a quegli anni di piombo che ancora in molti abbiamo chiari nella memoria, qualche gesto – seppur di tenore moderato – sta avvenendo. C’è chi si abbassa l’onorario e chi palesa un ritorno a quella normalità di vita che troppo presto viene dimenticata non appena si mette piede da protagonisti, nei palazzi del “potere”.

Servono questi gesti? A poco, ma a qualcosa servono. Tracciano una nuova linea che trascende la distanza tenuta fin qui fra l’olimpo dei pochi e la terra dei troppi. Non si poteva più retare arroccati nel castello mentre la gente scopriva misfatti inenarrabili ogni giorno.

Sta di fatto però che ai gesti plateali – che comunque nessuno di noi potrà verificare che vengano davvero messi in atto – non segue alcun tipo di azione. Nessuna procedura d’urgenza per salvare i cittadini, che le banche e le istituzioni lo sappiamo son le prime a lasciare la nave quando sta per colare a picco.

Continuiamo ad assistere a una campagna elettorale ad omnia. Udiamo le stesse identiche parole e promesse cui non segue mai l’azione. Aneliamo alla messa in atto di quelle promesse che fanno ormai parte della tradizione e della cultura nazionale. Come tali, le promesse vane, non vengono mai mantenute, il paese è andato a rotoli e persino chi si presentava come salvatore della patria, oggi ha assunto la stessa arroganza – se non peggiore – di chi ci ha portato al macello.

L’occasione che stiamo avendo sta già scivolando nel secchio della spazzatura. La stiamo già perdendo, perché continuiamo a pensare e credere fortemente che sia sempre qualcun altro a doverci cacciar fuori dai guai.

Il sistema crollato sta già recuperando le proprie macerie e le sta riutilizzando per rigenerarsi . Il fatto che ad oggi, con il livello di allarme rosso in ambito economico e finanziario invece di crear governo si pensi bene di tornare a nuove elezioni - e nuove perdite economiche – e con la stessa identica legge elettorale che non consente il voto, la dice lunga da un lato sulla totale mancanza di volontà di cambiar sistema e dall’altra della totale incapacità della maggior parte della popolazione di rendersi conto che non sta cambiando nulla ed anzi, da un’occasione che potevamo avere, stiamo arrivando a peggiorar le cose rispetto al “prima”. “Prima” che giungessero tsunami, vaffanculi globali e quella Rete che – potenzialmente – poteva far la differenza se usata nel modo migliore e che invece sta divenendo il contenitore dell’errore supremo che rischia di spazzar via qualsiasi altra teoria di rinnovamento.

A volte non si è in grado di cavalcare l’onda del cambiamento se essa è troppo alta rispetto il livello globale di chi pretende di dominarla.

L’occasione è stata solo paventata. O siamo noi a non averla saputa prendere al volo?

O “loro” a far si che nessuna occasione possa essere resa possibile via di uscita da un sistema che – ammettiamolo – è fortemente sostenuto dall’alto e dal basso, essendo in qualche modo la popolazione nazionale troppo avvezza a far si che la banda la suonino più o meno, gli stessi orchestranti…

Un’occasione persa, in questo caso, è un’occasione perduta per sempre. Valla a ricreare una possibilità tanto remota di far cambiare non tanto il sistema politico e di conseguenza economico, quanto il sistema mentale dei cittadini di una nazione ormai troppo ambigua per esser tratta fuori da ciò che è ormai divenuto tradizionalmente il tessuto nazionale nel male soprattutto e in pochi casi ormai, nel bene.

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