L’istruzione: un’assente nei “cinque punti” del governo

par Bernardo Aiello
lunedì 4 ottobre 2010

Manca nei “cinque punti” del governo la tematica dell’istruzione; solamente nel discorso alla Camera del premier un accenno polemico agli esuberi di precari, attribuiti per intero alle precedenti Amministrazioni di sinistra.

Su quest’ultimo punto occorre rilevare che la diminuzione di personale nella scuola appare dovuto sia ad una ristrutturazione del sistema scolastico all’insegna di una sobrietà sovente eccessiva sia alla forte diminuzione della popolazione scolastica. La diminuzione della popolazione scolastica, a sua volta, è dovuta al calo della natalità ed il calo della natalità attende di ancora di essere studiato dai sociologi in maniera esaustiva. Certamente non è dovuto all’attuale crisi finanziaria globale, i cui eventuali effetti sulla popolazione scolastica sono molto di là da venire nel tempo. Le ragioni vanno trovate altrove e potrebbero portare anche ad accertare una vera e propria fase di decadenza che il nostro Paese sta attraversando. Da questo punto di vista non si può non considerare positivamente l’introduzione, ipotizzata dal governo all’interno dei “cinque punti”, del quoziente fiscale, che sposterebbe il carico fiscale dalle famiglie monoreddito e dalle famiglie con più figli verso i single e verso le famiglie con pochi figli.

Comunque sia, di ciò, nessun cenno, diciamo così, nel merito all’istruzione attualmente impartita alle nuove generazioni, malgrado essa si dimostri spesso e volentieri assolutamente inadeguata; e questo non può non essere nelle responsabilità delle Istituzioni statali centrali, cui è da sempre affidata la gestione del “sistema istruzione” del Paese. Insomma, le responsabilità essenziali sono del Ministero della Pubblica Istruzione in un vastissimo arco temporale, possiamo dire dal secondo dopo guerra in avanti, e del suo dogmatico ignorare le profonde variazioni della società civile, del mondo del lavoro, del mondo della cultura e così via. Il nostro sistema scolastico brilla per l’incapacità di recepire incisivamente e rapidamente le nuove esigenze che sorgono dal Paese.

Un esempio concreto è dato dai disperati ma disastrosi tentativi di introdurre nella scuola l’informatica, con i laboratori di informatica e con le aule scolastiche prive di ogni possibilità di studiare in modo nuovo utilizzando le immense possibilità, che l’attuale era delle telecomunicazioni fornisce. L’informatica non è “un sapere”, ma la forma che deve avere il sapere per avere dignità scientifica nel mondo reso globale da Internet. Dunque essa va inserita come una nuova materia a se stante alle scuole medie inferiori insieme alla logica (studiata all’interno della materia chiamata “italiano”); il suo programma dovrebbe essere quello attuale dell’ECDL integrato con maggiori conoscenze nelle reti e nella grafica con il C.A.D.. Alle successive scuole di secondo grado ogni aula dovrebbe avere un collegamento Internet e la possibilità di studiare ogni disciplina utilizzando il computer. Forse è arrivato il momento di mettere in pensione le vecchie simpatiche lavagne, sostituendole con apparecchi di proiezione collegati al computer dell’insegnante; e gli zaini dovrebbero essere quasi del tutto dedicati alle merende degli studenti, atteso che sono disponibili sul mercato dischi rimovibili di capacità esorbitanti e delle dimensioni di un vecchio porta-sigarette. Allo studente, per le proprie attività, basterebbe utilizzare il proprio hard disk col computer del suo banco; perché ogni postazione di studio deve essere informatizzata. Se non esiste più nessun posto di lavoro senza computer, neanche la botteguccia degli alimentari sotto casa, non si vede come la stessa cosa non debba accadere con i banchi di una scuola.

Nulla è più lontano da questo delle scelte dell’attuale sistema scolastico, che vede ancora protagonista una istituzione esterna, quella che gestisce l’ECDL, per di più così ingessata che utilizza ancora l’Office 2003, mentre è ormai di uso corrente l’Office 2007 e già si vedono le prime pubblicità per l’Office 2010.

Quello dell’informatica è solamente un esempio delle discrasie fra le Istituzioni e le esigenze del Paese nel settore dell’istruzione. E’ addirittura da porre in discussione l’obiettivo primario del sistema, con una assoluta rinnegazione della riforma Gentile, che aveva come fine la selezione e la formazione della classe dirigente del Paese. Oggi esso deve principalmente pensare alla formazione dei futuri cittadini, che dovrebbero avere comunemente sul proprio comodino la Costituzione della Repubblica Italiana alla stregua dei quaccheri americani che avevano ed hanno sul loro comodino la Bibbia. E solamente in un secondo momento, conseguenza del fatto che la Costituzione definisce l’Italia «una Repubblica fondata sul lavoro», il sistema scolastico dovrebbe formare i lavoratori del domani.

Nulla di tutto ciò nei famosi “cinque punti”; e, per il cittadino, vi è poco da stare allegro.


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