L’invasione degli Ultravaffa

par SerFiss
domenica 3 febbraio 2019

Difficile stabilire con esattezza quando tutto è iniziato anche perché, come spesso accade, Un'invasione si infiltra subdola, a piccoli passi che non spaventano nessuno ma progressivi, costanti, che alimentano silenziosamente le parti peggiori dell'individuo sino a quando si arriva ad accorgersi che l'invasione è ormai massiccia, e forse sei rimasto contagiato anche tu.

Il primo seme, che ha rapidamente attecchito, compare verso la metà degli anni '90, sintetizzato nell'ormai famosa frase: "Mi consenta...". Questa formula, apparentemente innocua, ha introdotto nel linguaggio popolare una delle principali forme di combattimento dell'ars retorica, già molto in voga nell'antica Grecia: impedire al tuo avversario di esprimere compiutamente il proprio pensiero. Se spezzettato in più parti, un concetto stenta ad essere compreso dal pubblico, spinge l'oratore a ripetersi perdendo il filo del discorso preparato con tanta cura, sino a privare il suo intervento di qualsiasi contenuto.
Questa formula, dall'immagine casta ed innocente, è stata amplificata dal mezzo televisivo, introducendo nei talk show e nelle trasmissioni pomeridiane l'aggressione verbale, le urla, gli insulti. Tutto questo avrebbe potuto essere frenato e fermato dal conduttore, vero e proprio capitano sul campo del programma ma ahimé, gli indici di ascolto premiavano questo nuovo stile fintamente alternativo, nascondendo la violenza che generava sicché il presentatore o si adeguava alla novità o veniva sostituito da un collega più bravo nell'aizzare. Gli ultimi conduttori a capitolare sono stati i primi maestri della televisione come Mike Bongiorno (che piantò in asso Vittorio Sgarbi in uno dei suoi sproloqui).

Si è arrivati quindi, in tempi più recenti, a nuovi format, studiati dagli sceneggiatori per incitare gli invitati alla trasmissione all'uso di queste continue aggressioni rendendo l'interruzione, l'alzamento del tono di voce e l'insulto prassi comune nel comportamento dei propri spettatori.

Se la televisione è stata ed è un'arma potente per la diffusione di questo virus, era a questo punto necessario un salto di qualità: uscire dall'astratto dello schermo televisivo e portare questo stile nelle piazze, fra la gente. Credo che tutti si ricordino i "vaffa day" ed il loro indiscutibile successo di pubblico. Non era un'operazione complicata: si prende un comico al quale ogni linguaggio viene consentito (vuoi mica censurare la comicità?), uno stuolo di servi fedeli che, ripetendo i concetti espressi dal capobranco, suggeriscono ai partecipanti che questi non sono opinioni del comico. ma il verbo di dio dettato dalla "ggente" ed oplà, nasce un blog che fattura milioni di euro ed un movimento che conquista il Parlamento.

Poteva la politica restare estranea al propagarsi di questa contaminazione? Certo che no. La frase "Prima gli italiani", ad una lettura superficiale, sembra studiata per attaccare i migranti.
Anche. Ma non solo. Nella lettura indivuduale di ognuno dei cointaminati, la stessa frase si traduce in "io sono italiano, quindi prima me" (nei casi più umani, anche prima la famiglia e pochi amici). Questo "prima" si esplica oggi in ogni cosa: le code al supermercato o in autostrada, l'attacco al professore che si è permesso di dare un brutto voto al proprio figliuolo, nel SUV parcheggiato sul marciapiede sino ad arrivare alle minacce di morte sui social, a sparare alla gente per la strada (meglio se di colore) o dare fuoco ad un clochard.

L'ultima chicca, forse la più inquietante, è nel nuovo comportamento di chi si proclama paladino contro questa infezione, cioé utilizzare gli stessi metodi dell'avversario. Ci si pone sullo stesso piano dell'infettato ed i concetti espressi, seppur meritevoli, vengono soffocati dal metodo, che risulta così vincente.

Pochi sono i veri paladini di questa battaglia. Ad essere ottimisti, alcuni sembrano solo parzialmente contagiati mentre l'unico immune, al momento, sembra (per fortuna) il nostro Presidente, Sergio Mattarella. E che non si confonda il silenzio con una presunta cura: anche l'ignavia, in questi tempi come in quelli di Dante, è colpevole.

 


Leggi l'articolo completo e i commenti