L’intelligenza emotiva e sociale del denaro
par Damiano Mazzotti
mercoledì 17 aprile 2013
Il denaro è in grado di sprigionare energie mentali e sociali indescrivibili e Alberto Mingardi ha scritto un saggio che esemplifica le azioni dirette e indirette della principale forza economica.
“Non vediamo le cose come sono, le vediamo per come siamo noi”, Talmud.
“Quando i fatti cambiano, cambio idea. Lei no?”, John Maynard Keynes.
Mingardi è uno studioso con grandi doti narrative e un liberista puro a cui piace viaggiare vicino al confine della rigidità intellettuale. Nel saggio “L’intelligenza del denaro” (www.marsilioeditori.it, 2013) si raccontano molte cose, però non si prende in esame l’intelligenza del potere bancario che gestisce nell’ombra i tre processi di creazione del denaro: il credito privilegiato, la monetazione centrale privatizzata e la gestione di titoli paramonetari più o meno virtuali e fasulli (ad esempio i derivati). Le catene piramidali bancarie rappresentano una forma di feudalesimo monetario.
Infatti il potere creditizio e monetario andrebbe citato nelle scuole quando si insegnano i vari poteri presenti nella società: esecutivo, legislativo, giudiziario, educativo e mediatico. Irving Fisher, un grande economista americano e un grande matematico eclettico, si dichiarò contrario alla privatizzazione del potere monetario attraverso le banche centrali private. La più grande crisi finanziaria di tutti i tempi sembra dargli ragione (su www.econlib.org potete trovare i suoi scritti).
Per quanto riguarda le politiche economiche, gira e rigira le frittate teoriche, bisognerebbe valutare caso per caso “il problema politico dell’umanità: come combinare tre cose: efficienza economica, giustizia sociale e libertà individuale” (J. M. Keynes). In ogni caso alle imprese private non interessa il futuro delle nuove generazioni. Solo un buon governo può difendere il futuro.
Alla fine dei conti l’economia è basata sulla “propensione a trafficare, barattare e scambiare una cosa con l’altra” (Adam Smith). Però i protezionisti più sprovveduti “non colgono un fatto banale. Non può esistere un mondo senza squilibri: essi sono la naturale conseguenza del fatto che persone diverse hanno preferenze, attitudini, desideri, bisogni diversi” (Mingardi, p. 144). Gli scambi economici sono possibili proprio perché qualcuno si è specializzato a produrre qualcosa per qualcuno che ha desiderato qualcosa di suo gusto che rientra nelle sue capacità di spesa. Ma bisogna ricordare che con capacità di spesa a livelli di sussistenza si può comprare poco e niente.
Nell’economia privata “lo spreco non viene sprecato” e “il mercato è un testo da decifrare: ma diversi lettori ne traggono indicazioni differenti. Proprio per questo motivo, maggiore è il numero di lettori, più ampia è la divisione del lavoro, e più grande è l’opportunità di imparare – tutti assieme e gli uni dagli altri – qualcosa. La varietà delle interpretazioni arricchisce il testo” (p. 65).
Essere imprenditori significa sapersi muovere nella giungla dell’ignoranza e dell’incertezza e “avere successo significa passare da fallimento in fallimento senza perdere l’entusiasmo” (Winston Churchill). Naturalmente abbiamo bisogno del mercato per capire i nostri errori.
In realtà i fenomeni economici seguono l’evoluzione sociale e cicli di morte e rinascita di stampo biologico, e “l’attività economica è allo stesso tempo uno strumento per la soddisfazione dei desideri, un’agenzia per la formazione dei desideri e del carattere, un campo di libera autoespressione e uno sport competitivo” (Frank H. Knight, “The Ethics of Competition”, 1935).
L’uso del denaro è basato sulla matematica, ma “la matematica è solo un linguaggio. Un linguaggio che, al pari di ogni altro, non può esprimere tutto” (Tomas Sedlacek, L’economia del bene e del male, 2012). Bertrand Russell, uno dei matematici più affermati e influenti si espresse così: “La matematica può essere definita come la materia nella quale non sappiamo mai di cosa stiamo parlando, né se ciò che stiamo dicendo è vero” (Misticismo e logica, 1970). In ogni caso non esiste nessuno in grado di calcolare l’emotività, le incertezze sociali e il futuro economico degli esseri umani. In un certo senso la previsione economica è uno straordinario esercizio di stupidità che serve a rassicurare i più stupidi (i governanti e i loro votanti).
Purtroppo la teoria finanziaria moderna è basata su assunti sbagliati: per gli economisti finanziari le persone sono sempre razionali e sono tutte uguali. "Gli economisti si aspettano un movimento dei prezzi continuo basato su modelli prestabiliti" (Benoit Mandelbrot, 2004). Invece la vita è molto più complessa e di solito i prezzi seguono delle fasi discontinue che creano le famose bolle. Esiste inoltre “l’effetto Peltzman”: “dove si introduce una protezione obbligatoria, la percezione del rischio si abbassa, incentivando comportamenti che vanno nella direzione opposta agli effetti auspicati dalla norma stessa” (p. 100). Se lo Stato garantisce la sopravvivenza di tutte le banche, tutte le banche possono dedicarsi alla speculazione selvaggia e trascurare i classici finanziamenti.
Quindi il denaro non ci può aiutare a prevedere il futuro e quasi tutte le predizioni economiche sono inattendibili: “Se fosse possibile calcolare la futura struttura del mercato, il futuro non sarebbe incerto. Non vi sarebbe né profitto né perdita imprenditoriale. Ciò che la gente si aspetta dagli economisti è al di là della capacità dei mortali” (Ludwig von Mises, L’azione umana: trattato di economia, 1959). Un modello economico ci aiuta a capire le cose, ma rispecchia solo una piccola verità. La realtà è multipla e sfaccettata e l’attenzione di una sola mente è sempre molto limitata.
La vita reale “è piena di bluff, piccole tattiche, astuzie e defezioni. È un continuo chiedersi cosa gli altri pensano che tu intenda fare” (John von Neumann, studioso della Teoria dei giochi). La vita reale è piena di persone che possono gestire monopoli e oligopoli, più o meno privati o pubblici.
D’altra parte il “compito curioso della teoria economica è dimostrare agli uomini quanto poco sappiano realmente su ciò che immaginano di poter progettare” (Hayek, “La presunzione fatale”, il suo ultimo libro). L’azione del denaro può risultare più intelligente delle azioni di moltissime persone, ma l’egoismo estremo non paga e “l’investimento in conoscenza frutta i rendimenti migliori” (Benjamin Franklin, scienziato autodidatta, giornalista, diplomatico, innovatore e cofondatore degli Stati Uniti d’America).
Comunque, per capire meglio i privilegi e i bluff dei banchieri, consiglierei a tutti voi e a Mingardi di leggersi qualche scritto di Bernard Lietaer (si può selezionare la traduzione in lingua italiana; in inglese è uscito “The Future of Money”).
Infine ricordo che la società di consulenza Arthur Andersen fallì a causa dell’occultamento dei cadaveri contabili della Enron. Le abominevoli truffe seriali vampirizzarono i fondi pensione degli americani, l’Arthur Andersen finì nei cessi pubblici della storia e in poco tempo le sue consociate furono assorbite da società concorrenti più serie. La stessa cosa dovrebbe avvenire per le banche truffaldine. Quelle troppo grandi per fallire dovrebbero essere acquistate ad un prezzo simbolico da parte della banca centrale. Naturalmente ai direttori e ai presidenti della banche coinvolte nelle varie truffe, più o meno legalizzate, andrebbero tolti il passaporto e tutti i diritti civili.
Alberto Mingardi dirige l’Istituto Bruno Leoni, è adjunct scholar del Cato Institute di Washington DC. Collabora con “The Wall Street Journal Europe” e con il supplemento domenicale del “Sole 24 Ore”.
Nota di “decompressione” economica: “Nella storia del pensiero umano la scienza ha avuto spesso origine dalla superstizione. L’astronomia ha avuto origine dall’astrologia; la chimica ha avuto origine dall’alchimia; a che cosa darà origine l’economia?” (Bernard Lewis, studioso di Islam).
Per maggiori approfondimenti monetari segnalo questo documentario (Alan Rosenblith, 2008, rintracciabile anche su YouTube).