L’insostenibile leggerezza di Silvio
par Voltaire
martedì 10 agosto 2010
Caso e calcolo compongo e scompongono la storia. La determinano e la inidirizzano. La storia sconosciuta delle persone normali, dei comuni mortali , ma anche la storia nota dei potenti e dei notabili di turno. Quasi per caso nel 1994 Silvio Berlusconi si era affacciato nella scena politica Italiana dopo aver dichiarato il proprio appoggio a Gianfranco Fini nella corsa a sindaco di Roma. Dopo l’outing di Silvio, venne la discesa in campo e la tentata rivoluzione liberale. Rivoluzione liberale che presto è divenuta un incubo.
Sono stati sedici anni in cui Berlusconi ha imposto il suo potere e la sua egemonia. Anni in cui ha calcolato ogni minima mossa politica. La famosa “discesa in campo” era studiata in ogni minimo dettaglio, così come la strategia delle alleaze. A sud con Alleanza Nazionale, a nord con la Lega di Bossi.
Silvio Berlusconi, stregone e stratega, ha sempre dato peso ai dettagli. Nel 2001, per il G8 di Genova, mentre il mondo guardava l’Italia, lui si occupava della buona riuscita del vertice. Ogni minimo particolare era studiato, i fiori della aiuole, il menù delle colazioni di Stato. Tutto era perfetto, perché tutto era controllato e diretto dal Presidente del Consiglio.
Anche se Genova era ridotta ad un campo di battaglia e messa a ferro e fuoco dalla violenza dei No Global e dagli eccessi delle forze dell’ordine, Berlusconi si compiaceva della buona riuscita del vertice.
Così è accaduto nel luglio del 2009 durante il G8 de L’Aquila.
La città già provata dal violento terremoto dei mesi precedenti fu trasformata in magnifico set cinematografico per l’accoglienza dei capi di stato delle più potenti nazioni mondiali. Gli alloggi, le vetture, le passerelle per i potenti erano impeccabili.
Peccato che la città, nonostante le promesse fatte in quell’ambito, versi ancora in condizioni disperate e di grande disaggio.
Berlusconi è un fuoriclasse nel maneggiare l’apparenza, ma è un incapace a conferire sostanza e compiutezza alle sue opere. Se non fosse così, lui o qualcuno a lui vicino sarebbe capace di noverare, una, che sia una, riforma, degna di questo nome, compiuta nel suo lunghissimo periodo di governo.
Il Cavaliere - calcolatore, gran cerimoniere di happening, nel corso di questo ventennio, quasi completo, è riuscito nella sua impresa certosina di imporre un nuovo modello di Stato.
Uno Stato in balia dell’interesse privato, in cui le istituzioni democratiche sono un mero corollario.
Allo stesso tempo, coadiuvato dai suoi mezzi di comunicazione, ha insinuato nell’immaginario collettivo una nuova costituzione “materiale”, che ha di fatto cambiato la nostra Repubblica da parlamentare a presidenziale. Conferendogli di fatto un potere spropositato, che la Costituzione “formale” non gli attribuisce.
Nel suo agire minuzioso però ha commesso ultimemente una leggerrezza fatale.
Una di quelle leggerezze che si pagano caro e imprimono una svolta alla Storia.
Silvio Berlusconi infatti espellendo Gianfranco Fini e gli onorevoli a lui vicini dal Popolo della Libertà non solo ha segato il ramo in cui sedeva, lui e il suo esecutivo. Ha anche innescato un processo inesorabile, che lo porterà gradualmente all’uscita di scena, aprendo finalmente una nuova fase nell’infinita transizione dalla prima alla seconda Repubblica, che viviamo ormai da lunghi anni, nella nostra Italia.
Al Cavaliere ed a i suoi astuti consiglieri, per un mero errore di calcolo, è scoppiato il giocattolo della politica in mano e ne subiranno, tutte le conseguenze. Essi infatti avevano reputato che i deputati riconducibili al Presidente della Camera fossero meno di venti mentre oggi sono già trentaquattro. Avevano pensato di poter marginalizzare facilmente questa sparuta pattuaglia, mentre essa al contrario si è posta al di fuori dell’ attuale maggioranza condizonandone ogni decisione.
Berlusconi con il suo errore fatale ha dichiarato la sua condanna a morte politica per alemeno tre ragioni:
1) Fini e i Finiani, nonostante i proclami non hanno nessuna intenzione a venire a più miti consigli. Essi continueranno a logorare la già compromessa immagine del Presidente del Consiglio. Si metteranno di traverso ad ogni provvedimento a loro indigesto come federalismo, processo Breve, lodo Alfano Costituzionale ecc. Se quindi si dovesse arrivare ad una normale conclusione della Legislatura, prevista per il 2013 è difficile che Silvio Berlusconi venga rieletto dopo aver contribuito a sancire una cosi profonda spaccatura in seno al centrodestra.
2) In caso Berlusconi, prendendo atto della crisi interna alla sua coalizzione, salisse al Quirinale e rassegnasse le dimissioni. E’ probabile che in parlamento si formi una nuova maggioranza trasversale pronta a sostenere un nuovo governo presediuto da Giulio Tremonti. Figura sicuramente più presentabile a settori della sinistra intenzionati a puntellare il nuovo esecutivo.
3) Se non ci fossero i presupposti per comporre un nuovo governo, avendo l’attuale presidente del consiglio appurato l’impossibilità a concludere il suo mandato, il Presidente Napolitano non avrebbe altra strada che di indire nuove elezioni. Contando nel fatto che Gianfranco Fini dopo aver detto peste e corna del suo ex alleato, non potrà tornare all’ovile berlusconiano, è quasi certo che il centrodestra non otterrà la maggioranza assoluta nel Senato della Repubblica, aprendo a nuovi scenari di alleanze e movimenti politici che al momento non possiamo prevedere, ma che comunque vedono l’attuale presidente del consiglio in una posizione secondaria e non più dominante.
I tre scenari delineati forse non certi ma verosimili, scaturiti dall’ improvvida e allo stesso tempo salutare (dipende dai punti di vista) decisione di Silvio Berlusconi di espellere Gianfranco Fini, ci indicano che l’era del Cavaliere volge al tramonto. Nonostante questo, al di là di tutti i possibili smottamenti politici a cui assisteremo in futuro, siamo profondamente fiduciosi nel buon senso del popolo italiano. Siamo sicuri che in caso di elezioni gli Italiani non potranno elegere per la quarta volta in 16 anni un settantaquattrenne, allergico alla democrazia, che al netto di tutti i suoi proclami non ha portato a compimento una sola riforma di cui il nostro paese ha tremendamente bisogno. E’ ora di far spazio, ad ogni costo, al nuovo. Ed al nuovo, gli eventi di queste settimane ci stanno conducendo.