L’insegnamento della religione a scuola

par UAAR - A ragion veduta
venerdì 26 agosto 2022

L’insegnamento della religione cattolica a scuola è sempre più inattuale, nonostante venga difeso da solerti apologeti. 

Loris Tissino ha intervistato Riccardo Giannitrapani, docente di matematica in un liceo udinese e molto seguito sui social, per avere un punto di vista interno al mondo scolastico sull’annosa questione dell’ora di religione. Ne è nata una discussione stimolante, che pubblichiamo sul numero 4/2022 del nostro bimestrale Nessun Dogma.

Riccardo Giannitrapani insegna matematica e fisica in un liceo udinese. Su Twitter, dove è seguito da oltre quarantamila persone per i suoi interventi che parlano di scienze, didattica, relazioni con studenti e studentesse, è considerato da molti il professore di matematica che avrebbero voluto avere. Ha pubblicato per Mondadori Un labirinto incerto. Appunti per una poetica della matematica. Abbiamo pensato di parlare con lui di come vede, da docente, l’insegnamento della religione cattolica a scuola.

In un tuo recente tweet, hai scritto «Nel mio mondo ideale la scuola dovrebbe essere un argine laico contro la marea che si vede all’orizzonte. Iniziamo con passi piccoli e tutto sommato semplici, togliamo l’ora di religione cattolica. La fede rimanga un orizzonte privato, bellissimo per chi ne sente il bisogno». Perché consideri importante togliere l’ora di religione cattolica (o le due ore, se ci si riferisce alle scuole dell’infanzia e primaria) dalla scuola? E perché è importante preservarne il carattere laico?

Nel corso dei miei anni di insegnamento ho sempre avuto colleghi e colleghe di irc di grande spessore culturale e con progetti e idee davvero notevoli; il mio piccolo sogno non è quindi dovuto ad esperienze personali o a una presa di posizione riferita ad una particolare situazione, ha origini più ampie e generali. Prima di tutto è una questione di principio, è il contenitore di origine religiosa ad essere sbagliato all’interno di una scuola laica.

I motivi storici di tale contaminazione li conosciamo tutti, ma direi che è passato abbastanza tempo perché si possa rimettere in discussione un impianto ormai vecchio che stride in maniera evidente in un mondo completamente cambiato. Inoltre, a parte l’ovvia questione pratica che un’ora in più su discipline curricolari farebbe comodo in un’epoca in cui tutto tende a restringersi e gli orizzonti spaziali e temporali della scuola sono sempre più stretti, credo nel valore di una educazione razionale che sia il più lontano possibile dalla natura dogmatica dell’esperienza religiosa.

Non ha importanza se vengono affrontati temi importanti (che sono comunque spesso duplicati di quanto viene già offerto nelle discipline curricolari), è anche il come vengono affrontati, in che contesto, sotto quale bandiera. L’ora di irc è per sua natura un’ora estranea alla scuola, un’ora che segue regole, indicazioni, reclutamenti tutti suoi che non sono più giustificabili. La sua non obbligatorietà ne sancisce, a mio avviso, la totale irrilevanza educativa. Peraltro lo dico con una certa esperienza alle spalle avendo frequentato da studente istituti religiosi e avendo costruito in seguito il mio percorso che consapevolmente e convintamente mi ha portato ad essere ateo.

Ma non credo che il dibattito sull’irc debba diventare una battaglia ideologica tra credenti e non credenti. Semplicemente la propria posizione di fronte alla religione non dovrebbe avere alcun ruolo nella formazione dei futuri cittadini e delle future cittadine; formazione religiosa ed educazione laica sono percorsi diversi che possono tranquillamente coesistere su sentieri paralleli. L’adesione ad un credo religioso è qualcosa di importante per la persona, ne caratterizza in gran parte la vita sia come singolo che come collettività, esistono ampi spazi pubblici dove esercitare tale propensione senza togliere spazio e tempo alla scuola e a chi invece non ha questo orizzonte.

L’insegnamento della religione cattolica a scuola deve essere impartito, secondo un protocollo addizionale del concordato «in conformità della dottrina della chiesa» e gli insegnanti sono nominati dalla curia (anche se sono pagati dallo stato). Spesso, però, si tende a (far) credere che si tratti di un insegnamento culturale (storia delle religioni) e di carattere etico/sociale. Qual è la tua opinione in merito?

Come detto, anche quando durante l’ora di irc vengono trattati temi di ampio respiro culturale che riguardano la storia o l’educazione civica (e non sempre è così), è il contenitore ad essere sbagliato. Si possono tranquillamente spostare su materie curricolari tutti gli approfondimenti o i collegamenti che collegano gli aspetti religiosi alla storia, alla filosofia, alle scienze, all’educazione alla cittadinanza o ad altro. La nomina diretta da parte della curia pone questa ora fuori dal dispositivo scuola, ne evidenzia una forzatura di cui ho già parlato.

Si sente spesso anche dire che senza i collegamenti alla religione (che di nuovo potrebbero essere tranquillamente svolti in materie curricolari e che di fatto lo sono) non è possibile comprendere ed imparare la nostra cultura. Trovo questa affermazione abbastanza ridicola perché implicherebbe una carenza misurabile nella preparazione generale dei tanti studenti e delle tante studentesse che ormai non si avvalgono dell’ora di irc, carenza che non mi sembra emergere, almeno non nell’orizzonte che posso osservare nella mia quotidiana attività di insegnante.

Nel tuo insegnare matematica e fisica, spesso citi testi poetici per agganciare le materie scientifiche a quelle umanistiche, come a sottolineare che non ci dovrebbe essere una separazione tra i due àmbiti. Come vedresti un insegnamento di logica, filosofia della scienza, storia del pensiero critico e storia dei miti e delle religioni, impartito da un docente a tutti gli studenti (ma senza che il docente sia nominato dalla curia)?

Trovo che sia importante alimentare, vicino ad una visione razionale del mondo di cui parlavo prima, una prospettiva di stupore e meraviglia in studenti e studentesse. Uso spesso la parola “poetica” per indicare quella necessaria dimensione di smarrimento e vertigine che deve suscitare l’insegnamento, a mio avviso. Razionalità e poetica non sono antitetiche, sono aspetti assolutamente compatibili e complementari e che sono assolutamente declinabili tranquillamente nelle ordinarie materie curricolari senza bisogno di scomodare aspetti religiosi o superstiziosi che invece, secondo me, allontanano da una visione equilibrata dell’universo (fisico, filosofico, letterario, storico, ecc.) che ci circonda.

Studiare matematica, ad esempio, non significa affatto costruire un percorso preciso, esatto, privo di sorpresa e quindi asettico, arido, meccanico. Significa spesso imbattersi in panorami controintuitivi, cadere in paradossi, scoprire strutture di infinita bellezza. E poi c’è la storia degli uomini e delle donne che hanno costruito il nostro sapere matematico, sono storie incredibili che mostrano la nascita faticosa e a volte drammatica delle idee all’interno dei contesti storici.

Un insegnamento razionale non significa un insegnamento asettico, è esattamente l’opposto, significa affrontare il mondo con sguardo poetico, il contrario del dogmatismo superstizioso che spesso (non sempre per fortuna) caratterizza il dibattito tra fede e cultura. Sostituire l’ora di irc con un’ora curricolare di filosofia della scienza, per esempio, sarebbe un passo avanti verso una visione di ampio respiro del mondo contemporaneo e del modo in cui ci siamo giunti, un regalo enorme per la formazione di studenti e studentesse.

Agli studenti e alle studentesse che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica le scuole dovrebbero offrire un’attività alternativa ben strutturata e organizzata. Spesso le scuole su questo sono carenti, e quindi le famiglie optano per l’irc solo per non rischiare una sorta di ghettizzazione o di parcheggio (il che è particolarmente problematico soprattutto per le fasce d’età tra i tre e i 13 anni). Come si potrebbe rivitalizzare l’ora alternativa? Da docente (e da genitore), hai delle proposte?

Anche in questo caso la carenza organizzativa (sotto gli occhi di tutti) deriva in gran parte dal rovesciamento del discorso che è stato notato da molti. Non dovrebbe essere opzionale non avvalersi dell’ora di irc, dovrebbe essere l’ora di irc ad essere opzionale. Sembrano due modalità identiche, ma non lo sono. Nel mio mondo dei desideri dovrebbero essere le persone che fanno religione a dover uscire dall’aula mentre il resto della classe svolge attività curricolari e strutturate nella propria classe e con i propri docenti.

O ancor meglio si dovrebbe immaginare, se proprio non è possibile eliminare del tutto tale ora, di farla in orario extracurricolare, un’offerta formativa che le scuole mettono a disposizione delle famiglie che intendono avvalersene (come la seconda lingua, canto, sport, ecc.). Però, come detto prima, con insegnanti di ruolo non scelti da un ente religioso e con un contenuto di più ampio respiro che non sia semplice dottrina. Il problema è comunque facilmente risolvibile eliminando del tutto l’ora di irc e utilizzando questo piccolo tesoro temporale per materie curricolari.

Nell’impossibilità di farlo è chiaro che sapere che ragazzi e ragazze che non si avvalgono dell’irc non svolgono in quell’ora delle attività formative importanti è fastidioso; credo che a livello ministeriale si dovrebbe intervenire dotando tutte le scuole di ogni ordine e grado di risorse aggiuntive per rendere il tempo di chi non si avvale veramente ben speso. Questo, tra le altre cose, aiuterebbe le famiglie a scegliere in modo più consapevole; un conto è sapere che mio figlio rimarrà parcheggiato un’ora da qualche parte, un conto è sapere che potrà seguire un percorso culturalmente interessante (per esempio un serio percorso di informatica o di debate o di supporto alle materie curricolari).

Insieme a #datibenecomune, l’Uaar ha ottenuto dal ministero e analizzato i dati relativi al numero di “non avvalentisi”, verificando forti differenze tra le regioni e, in generale, un aumento del numero nel corso degli ultimi tre anni. Come valuti questi dati?

Trovo questa iniziativa davvero interessante e importante. Dovrebbe essere una prassi ministeriale monitorare costantemente questo tipo di dati statistici ed utilizzarli per scelte organizzative e di politica scolastica. Trovo paradossale che si pretenda di costruire un dispositivo scolastico uniforme a livello nazionale (vedi indicazioni nazionali sui curricoli, test Invalsi uguali per tutti, formazione dei docenti, ecc.) e poi venga lasciata alle singole scuole la gestione in toto di un’ora di scuola (e alle singole curie la scelta di personale pagato dallo stato).

Questo tipo di analisi e l’evidente aumento del numero di persone che non si avvalgono più (aumento che ho potuto riscontrare anche io nel mio piccolo quotidiano), devono confortarci nell’idea di fondo che l’ora di irc debba essere quantomeno ristrutturata e ripensata profondamente se non, ancor meglio, tolta del tutto.

Intervista a cura di Loris Tissino

Per leggere tutti i numeri della rivista associati all’Uaarabbonati oppure acquistala in formato digitale.

 


Leggi l'articolo completo e i commenti