L’ingiustizia naturale

par massimiliano bertorelli
venerdì 18 novembre 2011

A chi non è capitato di pronunciare, in particolari circostanze, la fatidica invocazione: non è giusto! Un lecito sfogo dinanzi ad accadimenti che sfuggono alla comune logica, giustificabile in base alle ereditate convenzioni valoriali; una rammaricata percezione che le cose, per natura, non vanno sempre come dovrebbero, o meglio: come noi vorremmo che andassero. 

Voler assegnare alla natura l’idea tipicamente umana di giustizia, l’equità, la volontà sulle singole azioni, è di per sé illogico.

Né soccorre appellarci alla mitologica, paternalistica,talvolta impietosa, attenzione dell’Olimpo nei confronti degli abitanti della Terra. L’attribuzione generalizzata di umani sentimenti, del tentativo di ri-conoscimento bene-male, non trova riscontro in natura, giacché ogni fatto ha origine dal fato, dal caso, da ciò che per l’uomo è insondabile, imperscrutabile.

Per analogia, è come pensare, e pretendere, che gli altri ragionino con i nostri parametri di pensiero: e poiché le dinamiche cognitive non rientrano tra le (pochissime) cose soggette al nostro controllo, tantomeno, a maggior ragione, non può rientrarvi il pensiero altrui. La semplicità di tali considerazioni condensa, esemplifica il principio universale della nostra esistenza. Osservare gli eventi può essere educativo, pur avvilente sarà constatare le implacabili differenze tra chi nasce povero, chi ricco, chi bello, chi brutto.

E’ sufficiente fermarsi a queste superficiali considerazioni per comprenderne la casualità, scevra da volontà inflittiva, pur densa di decisive ricadute. La giustizia è nata con e per volere dell’uomo; se la desideriamo, aspettiamocela dal suo inventore, che, pur tuttavia, non ne è sempre stato il garante. La natura è impostata su altre necessità, su traguardi ben più ampi e lungimiranti, più evoluti rispetto alla impercettibile durata della singola vita. La giustizia è correlata alla brevità, all’effimero: l’infinità dell’universo può ben farne a meno.


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