L’informazione italiana sul digitale: una vergogna!

par Bernardo Parrella
lunedì 24 novembre 2008

Living and Learning with New Media, questo il titolo del nuovo studio diffuso l’altro giorno dalla MacArthur Foundation e curato dalla University of California a Berkeley. Se ne evince, sintentizzando al massimo, che gli adolescenti vanno sviluppando online importanti competenze sociali e tecniche – spesso in modi che gli adulti non capiscano o non valorizzano. News importante, trattandosi della maggiore ricerca USA sull’uso dei media digitali da parte degli giovani. Quindi prontamente rilanciata da parecchie testate tradizionali e online, come conferma una veloce ricerca su Google News: 45 articoli nel mondo anglofono incluse BBC, ZDNet, LA Times, un ampio report sul New York Times con intervista a Mimi Ito, poi rilanciato da CNET e altri siti. Apparsa finanche su quotidiani minori, tipo la seconda pagina del Santa Fe New Mexican, venerdì scorso.

E in Italia? Una ricerca su Wikio rimanda alla bellezza di due link due: uno su Punto Informatico e uno al blog di Fabio Giglietto, a cui va aggiunto questo post di Juan Carlos De Martin, mentre il sottoscritto sta preparando un pezzo ragionato per Apogeonline.

C’è forse da stupirsi di simile silenzio? Nonostante i molti anni trascorsi dalla genesi della Rete, per la stragrande maggioranza dei giornalisti (o presunti tali) nostrani urge piuttosto scrivere di nefandezze o gossip. Spingere le mode e i gadget del momento. Cosa c’è di più facile allora che sbattere variamente Facebook in prima pagina pressochè ogni dì? Preferendo alle necessità di spunti e riflessioni articolate, un approccio quasi sempre scandalistico, fuori contesto, inaccurato. L’ultimo fulgido esempio arriva oggi da Repubblica.it, tradizionalmente in prima fila in questo perenne filone di disinformazione.

Dove stavolta si estrapola la battuta di una delle ricercatrici del suddetto studio USA, dana boyd, la quale da tempo analizza e illustra la complessità dei rapporti sociali su Facebook e dintorni per farle dire, miracolo!, tutto l’opposto:”i social network non solo favoriscono l’ansia ma disabituano alla vita reale”. Certo, il pezzullo segue la classica tesi preconfezionata, ma è vergognoso arrivare a simili stravolgimenti delle opinioni altrui e delle situazioni reali. Lo spiega ottimamente Giovanni Boccia Artieri in un post fresco fresco: “…interessante come il pensiero possa essere utilizzato da un giornalismo cut&paste in modi funzionali all’approccio sotteso al pezzo, fingendo una neutralità del giornalista che scrive”.

Eppure non è la prima nè, c’è da scommetterlo, sarà l’ultima volta che capita. E, più importante, se ne sarà mica accorto qualcuno in Italia? E chissà se avremo un minimo di reazione, nella blogosfera, sui giornali e al bar. Per mettere a nudo simili comportamenti vergognosi. Contro la pervicace assenza di senso etico e professionale. Potrebbe rivelarsi un piccolo (ma indicativo) contributo collettivo per respirare un’aria migliore, dentro e fuori la Rete.


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