L’ineleggibilità di Berlusconi è un problema giudiziario, politico o di giustizia

par Camillo Pignata
giovedì 30 maggio 2013

La sentenza della corte di appello di Milano che ha confermato a Berlusconi la condanna a 4 anni di carcere e a 5 di interdizione dai pubblici uffici per evasione fiscale, ha riproposto il problema della sua ineleggibilità.

È un fatto politico, giudiziario o di uguaglianza e di giustizia?

Cacciare fuori Berlusconi dal Parlamento per ineleggibilità non significa sconfiggerlo, tagliarlo fuori dalla politica. Ed è vero che il cavaliere, anche da semplice cittadino, continuerà a fare politica, a manovrare il PDL. Il problema vero sottostante alla decisione sulla eleggibilità del Cavaliere è applicare la giustizia a tutti e il rispetto del principio di eguaglianza da parte di tutti anche da parte del PD.

Il problema dell’ineleggibilità non va affrontato nei termini imposti dalla macchina mediatica berlusconiana che ha equiparato la pronuncia di ineleggibilità ad una vittoria giudiziaria contro Berlusconi.

Questa non è una via giudiziaria per la sconfitta di Berlusconi ma solo un atto del parlamento per l’applicazione di una legge. Non esiste una via giudiziaria per sconfiggere Berlusconi, perché non esiste una magistratura asservita ad un PD padrone, che utilizza il suo potere di dominus.

E allora non ha senso la giustificazione addotta da Epifani per l'eleggibilità del Cavaliere: Berlusconi va sconfitto politicamente.

Certo, Berlusconi va sconfitto politicamente, ma ciò non autorizza il PD a non applicare una legge, perché di questo si tratta, di applicare una legge, oppure si ritiene che essa sia disapplicabile solo perché riguarda il leader di un partito? Non si tratta di votare contro o a favore di Berlusconi, ma di stabilire in base alla legge del 1957, se questo signore, concessionario di un pubblico servizio, possa essere considerato eletto.

Il primo compito di un politico è dare l’esempio, e quindi applicare la legge anche quando lo riguarda. Non si può sdoganare il principio che la violazione di una legge è lecita quando riguarda un politico. Bisogna buttare al macero venti anni di regime affaristico e corrotto, bisogna disinfettarsi dal virus della immoralità che infettato anche la sinistra. Ma tutto ciò non può essere fatto buttando al macero il rispetto della legalità e il principio di eguaglianza. Questi valori non possono essere sacrificati per la sopravvivenza di un governo di scopo, per quanto necessario ed utile per il Paese esso possa essere, proprio nel momento in cui essi vanno recuperati per il partito e per il Paese.

Violante ha ribadito la stesso giudizio di Epifani per la eleggibilità, ma da altra angolazione. Non si può considerare il cavaliere ineleggibile dopo che per venti anni si è votato per la sua eleggibilità.

Ma non si può, caro Violante, per venti anni ammettere di aver sbagliato e ora votare per la sua eleggibilità. Quante volte il partito ha detto e ripetuto in questi venti anni che era stato un errore non legiferare sul conflitto di interesse, quante volte il partito ha fatto ammenda ed ora si assume questo errore come fatto giustificativo e addirittura impositivo della sua reiterazione. Sbagliare è umano, ma perservare è diabolico; perseverare poi con dolo in esso è qualcosa che supera ogni limite di decenza politica.

Non si può sbagliare per venti anni, ammettere l’errore e poi continuare a sbagliare.

Per questo la eleggibilità di Berlusconi non è solo la violazione di un principio, ma un errore politico che logora ancora di più il fragile rapporto del partito con la base e pregiudica possibili convergenze con il movimento su queste ed altre tematiche, e in ogni caso rende ancora più difficile una possibile alleanza con questo movimento. Tutto ciò aumenta il grado di inaffidabilità degli elettori verso il PD, dopo essere stati messi ancora una volta di fronte ad una promessa mancata, ad un atto di infedeltà, ad un inganno.

L’espulsione del cavaliere dal Parlamento si può avere anche con la interdizione pubblici uffici. Allora menti più raffinate propongono di pronunciarsi per l’eleggibilità e attendere la sentenza della Corte di Cassazione, che conferma la interdizione. Ma non ha senso accostare alla legge del 1957, la sentenza della Corte. Sono cose diverse, giacché la legge si occupa dell’ineleggibilità, la sentenza di incandidabilità, la prima è l’applicazione di una legge, la seconda l’applicazione di una sentenza. La prima accerta l’incompatibilità, la seconda irroga una sanzione e con essa sospende l’elettorato attivo, la prima riguarda questa legislatura la seconda la prossima legislatura.


Leggi l'articolo completo e i commenti